giovedì 31 gennaio 2008

Paolo Di Nella, a 25 anni dal suo sacrificio


In quest'Italietta che non conosce la Rete

In quest'Italietta di governicchi e maggioranzine. In quest'Italietta di voltagabbana e trasformismi. In quest'Italietta di responsabilità nazionale. In quest' Italietta che cerca di diventare un Paese normale. In quest'Italietta di riforma elettorale in una settimana. In quest'Italietta di indultini e Rosa Bianca. In quest'Italietta in cui il centrodestra non può prescindere, per la sesta volta consecutivamente, dal Cavaliere. In quest'Italietta che vuole crescere e sta per perdere il treno dell'Europa.

Ma quanto dovremo aspettare ancora per conoscere idee, programmi e soluzioni per quest'Italietta? La campagna elettorale è già iniziata. Da quando il Governo Prodi è caduto, i grandi leader e le figure carismatiche dei maggiori partiti non hanno fatto altro che parlare dei "grandi problemi del Paese". Cercando di spiegare cosa faranno. Nella maniera più generale e meno comprensibile possibile. Sentiamo solo grandi temi, mai soluzioni. Tipo "problema salariale", "emergenza sociale", "laicità a rischio", "conti in regola", "governabilità", "ricerca e sviluppo".

La comunicazione del 2008 sembra aver fatto davvero pochi passi in avanti rispetto al secondo dopoguerra. Anzi, fin troppo spesso, le nuove tecnologie vengono viste come una minaccia piuttosto che uno strumento. Abbiamo subito lo scempio di un ministro all'Istruzione che col computer si limita alle mail (per sua stessa ammissione). Io per primo ho scritto al Ministro Melandri per chiederle un sito internet per il ministero delle Politiche Giovanili. E se qualcuno prova a sollevare questioni più specifiche, soprattutto in Tv, il tempo a disposizione scarseggia.

Il vento dell'Antipolitica nasce dalla rete. Dove i messaggi e le informazioni hanno scardinato i tempi standardizzati di Tv e Stampa. In cui il live vince, sempre. In cui la presenza non è necessaria se non accompagnata da risposte puntuali a 360°. La Rete non è soggetta a limitazioni e forte rimane la controinformazione, puntuale e completa.

La politica rifletta. Perchè se nel 2008 il web non svolgerà una funzione chiave, sarà solo un problema di competitività dell'Italietta. La campagna elettorale della Signora Clinton è affidata esclusivamente al suo sito internet. La rete è un disegno imprenscindibile per chi vuol tornare ad essere grande. Un tema generale come "laicità" ed "emergenza sociale", molto meno strumentale della "Rosa Bianca".

martedì 29 gennaio 2008

Com'è caduto il governo?

così!

"C'ho 4 pallottole, ma insomma le ho nelle gambe"

Il 9 febbraio ricorderemo Paolo Di Nella, a 25 anni dalla sua scomparsa. Questo documento rappresenta un estratto di quegli anni, uno spaccato reale e tangibile degli anni di piombo, dove protagonista, suo malgrado, non è chi fa politica. Ma chi ha cercato di raccontarla. Indro Montanelli, altro stile, altra tenacia.

Capitan Harlock

Come un lampo,
il suo pugnale,
che lui lancia contro il mal,
ma è un uomo generoso come mai.

lunedì 28 gennaio 2008

Un documento condiviso in caso di elezioni

Meglio un governo che definisca una nuova riforma elettorale e porti a compimento una pacificazione sociale tra i poli, cosa quanto mai gradita dall'italiano medio lontano dai tecnicismi della politica, o elezioni per ridare la parola ai cittadini. Il dubbio amletico, sul quale già mi sono esposto, non rappresenta solo una scelta sul futuro prossimo dell'Italia, ma un vero crocevia generazionale.
Il problema delle elezioni ha l'unico inconveniente apparente della legge elettorale. Tuttavia ci sono fattori paralleli che meritano di essere sottolineati. Nel momento in cui si dovessero fare queste elezioni, e sperando comunque in un esito positivo, dubito che una sola forza politica possa presentarsi con un programma di governo coerente per 5 anni. La caduta del governo Prodi è stato un evento inaspettato, aldilà degli slogan forzisti degli ultimi mesi. Che ha preso in contropiede i partiti, tanto di destra quanto di sinistra. Era auspicabile, ma inaspettato. Altri dubbi nascono sulla composizione della squadra che dovrà guidare il Paese.
Ma soprattutto non vorrei che le ultime dichiarazioni del Cavaliere sulle eventuali elezioni, rappresentino dei messaggi in codice su legislazione Tv e conflitto d'interessi. Una sorta di trattativa a distanza per alzare il tiro. Il Presidente della Repubblica, a mio modo di vedere, è favorevole al governo "di solidarietà nazionale" e quindi bisogna vedere quale disponibilità metteranno sul tavolo Veltroni, Giordano e Di Pietro.
L'altra eventualità (il governo tecnico) rappresenta una sorta di utopia centrista. E' forse l'ultima chance per far rinascere la Democrazia Cristiana, per far tornare a sedere intorno ad un tavolo ex DC che col tempo si sono sparpagliati a macchia di leopardo sulla geografia politica italiana. Il governo tecnico porta con sè il paradosso che, a breve distanza, degli stessi leader possano prima collaborare per le riforme e poi farsi la guerra in campagna elettorale. Non sarebbe nè la prima nè forse l'ultima volta, ma parliamo di una prassi condannabile. Non perchè il dialogo tra le forze politiche rappresenti una criticità del sistema, quanto perchè evidenzierebbe il clima surreale di una politica vecchia e lontana dalle esigenze dei cittadini.
I giovani. Dicevo che i giorni che stiamo vivendo li rileggeremo presto sui libri, perchè rappresentano un crocevia generazionale. Qualcuno, guardando al futuro, pensa all'Italia come alla Romania o Grecia di oggi (www.carlop.ilcannocchiale.it, l'analisi è ampia e ci sono parecchi spunti interessanti). Aldilà di ogni ideologia o posizione, in questo discorso meritano di essere tenute in considerazione da un lato le dichiarazioni di Montezemolo, che auspica un governo tecnico come garanzia per le imprese italiane, dall'altro la possibilità di sottoscrivere un documento condiviso da tutte le forze politiche sulla composizione delle liste elettorali, ispirate ad un rinnovamento della classe dirigente e dalla presenza di un numero cospicuo di figure esterne al mondo della politica.

Fidarsi è bene...non fidarsi è meglio!

Carissimo Marco,
il titolo del post penso possa far già comprendere il mio pensiero. Il momento che stiamo vivendo politicamente ed istituzionalmente ci deve spingere a fare alcuni ragionamenti calcolatori, considerando anche la malizia dei nostri politici.
I tantissimi appelli arrivati dal Partito Democratico, e non solo, per un governo istituzionale sembrerebbero, ad un occhio ingenuo, moniti pieni di responsabilità e lungimiranza.
L'attuale legge elettorale ha dei problemi congeniti ( vedi premio di maggioranza regionale al Senato e liste bloccate ) che certamente non rappresentano il massimo di governabilità e di democraticità, ma dietro alle lusinghe e ai consigli di tanti ben pensanti nostrani, ritengo sia il male minore.
Per non parlare poi di una Costituzione ingessata e confusionaria per quel che attiene il Titolo V.
Questi ragionamenti non fanno altro che avallare la tua riflessione, ossia che un governo tecnico sia necessario per affrontare quelle riforme di cui il Paese ha estremamente bisogno, lasciando da parte profili di parte. La bontà di questo ragionamento non sarebbe in discussione se di fronte alla " nostra " parte politica ci fossero degli interlocutori affidabili e seri, cioè che pensassero veramente al bene dell'Italia.
Nei 20 mesi di governo Prodi il grande amore per questo Paese non si è proprio visto.
La legge elettorale non si è riuscita a fare in 2 anni, figuriamoci in 3 mesi.
La riforma costituzionale, ahimè, è un miraggio; d'altronde il profondo antifascismo e filocomunismo che intaglia la nostra società civile è tale da farmi pensare che intaccare questa Costituzione sarà molto, ma molto difficile.
Il Partito Democratico, con in testa il suo segretario, sono gli artefici di questa crisi e pensare che proprio loro possano attuare delle riforme in un breve lasso di tempo mi sembra alquanto utopistico. Non ci dimentichiamo che in questo momento Veltroni è completamente isolato, sia a sinistra che a destra; non ha una sponda e andare a votare con questa legge elettorale sarebbe un disastro per il suo partito, dato che Prodi ha appena annunciato che la sua carriera politica è praticamente finita. La guerra intestina interna la Partito Democratico poi rischierebbe veramente di svuotare un contenitore già privo di idee concrete e autoreferenziale.
Dall'altra parte per il centro - destra questa ritrovata unità non si avrebbe più se si costituisse un governo tecnico. Le divisioni sulla legge elettorale sono troppo evidenti e si rischierebbe di compromettere ua serenità ritrovata grazie alla crisi del governo Prodi.
Come vedi gli interessi partigiani dei vari gruppi politici sono la realtà di questo momento.
Le belle parole che si spendono non sono altro che frutto di un mero calcolo strategico - politico per sopraffare in primis gli avversari politici e in secundis i nemici di partito.
A questo punto scelgo il male minore; andiamo a votare con questa legge, Berlusconi diventerà premier e speriamo che l'appello che ho lanciato nell'ultimo post, si avveri. Altrimenti anche l'ultimo treno per la rinascita sarà perduto e non ci rimarrà che scendere sempre più in basso.

Arcadi....AU.....AU......AU!!!!


Ernesto D.G.

Un piccolo dubbio....

Qualora mancasse la dialettica, soprattutto in ambito giovanile, niente di ciò che facciamo e faremo avrebbe un senso. Proprio per questo motivo vorrei, con tono provocatorio, aprire una riflessione interna sulla possibilità di governi tecnici, conscio di remare controcorrente. È una posizione che attraversa un filo sottile, che passa tra possibilità di vittoria (immediata) e proiezione in un futuro (forse) istituzionalmente più roseo. Mi spiego meglio. Cogliere la palla al balzo sarebbe indubbiamente la scelta politicamente più vantaggiosa, si sa quanto il popolo italiano difetti in memoria e perciò sarebbe meglio battere il ferro finche caldo, cavalcando il dissenso e modificarlo in consenso. Aprire così con una sequela di riforme strutturali (anche costituzionali), con una maggioranza ipotetica di 14-15 senatori ... però una cosa mi fa storcere il naso, e riguarda l’eccessiva faziosità delle poltrone italiane. Se accadesse com’è accaduto con la riforma del titolo V e ci trovassimo così paralizzati, senza possibili vie d’uscita, in quest’ammuffito quadro istituzionale? Una certa sinistra si richiamerebbe un’altra volta all’istituto referendario per annullare questa volontà riformatrice? Sebbene sia un ragionamento pessimista credo che abbia un suo perché. Siamo talmente abituati a un deficit di decisione, che si ha paura di prendere scelte decise. Poi che sia per paura di cambiare, che sia per affezione alla carta costituzionale (?), che sia per paura di permettere a qualcuno di prendersene il merito è un altro discorso. Questa è una mia preoccupazione. Per quanto concerne governi tecnici, ipotizzando che vi sia una volontà politica, sarebbe più semplice aggirare questo scoglio con scelte bipartisan? Forse sarebbe una risposta timida, significherebbe ammettere la sconfitta della politica come decisione, forse aiuterebbe l’amnesia generale restituendo in mano il potere a un certo-sinistra sconvolto. Ma non avremmo le tante agognate modifiche? Una legge elettorale che non abbia fattezze suine? Ovviamente se condiamo il tutto sostenendo che in Italia niente possa essere fatto se non per buttare via il tempo allora veramente vedo scenari futuri molto tristi. Ma se chiedendo elezioni subito ci trovassimo punto e a capo? A me la cosa mi spaventa un po’… attendo risposte Arcadi! Esorcizzatemi se c’è bisogno


Marco Cossu

sabato 26 gennaio 2008

I valori, la nostra risposta al declino

RINNOVAMENTO E RIPRESA

Le vicende nostrane di questi giorni ci pongono degli interrogativi ben precisi.
Nel 2008 nessuna Nazione Europea continua ad avere un sistema costituzionale come il nostro, capace di non garantire mai la governabilità da un lato ( dal 1948 ad oggi solo il governo Berlusconi è durato una legislatura intera ) e perfetto per lasciare spazio a un parlamentarismo parassitario nel quale " sguazzano " i politicanti di mestiere dall'altro.
La sfiducia del Senato al Governo Prodi non solo, in un paese " civile ", segnerebbe la fine di questo esecutivo ma bensì condannerebbe all'epilogo questa pietosa legislatura.
Il nostro sistema partitico-parlamentare a vocazione proporzionale, dopo la Prima Repubblica, si è evoluto in senso maggioritario, consolidando così una simbiosi quasi totale tra maggioranza parlamentare e governo. La fuoriuscita dell'Udeur di Mastella crea un vuoto tale che non ci sarebbe stato bisogno minimamente di una sfiducia formale da parte del Senato nei confronti dell'Ex Presidente Prodi.
Comunque questa è ormai storia, e sappiamo tutti il perchè il Professore si sia spinto fin tanto ( le congiure all'interno del PD farebbero rabbrividire chiunque ).
Ora che succede?
Ripeto, in un paese normale si andrebbe alle elezioni ( certo se fosse passata la riforma costituzionale del centro-destra del 2006 oggi non ne staremmo a discutere ), ma si sa il nostro non lo è affatto. Aggrappati a una Carta Costituzionale immobile e ormai obsoleta, il teatrino della politica iniza a dare il meglio di se. Nessuno fondamentalmente ha a cuore il bene degli italiani, ma solo interessi partitici.
Se da una parte Berlusconi vuole cavalcare l'onda del consenso elettorale dall'altra Veltroni deve prendere tempo perchè il PD è in una crisi profonda. Se da una parte l'UDC preme per cambiare la legge, dall'altra ha paura che se questa non viene fatta entro Giugno c'è l'incubo referendario. E così via.
Perciò Cari Arcadi vi comunico che se si andrà a votare ( come spero nel mio intimo ) questa sarà molto probabilmente la mia ultima campagna elettorale se, nel caso in cui dovessimo vincere, non ci comporteremo come ogni uomo d'onore di DESTRA si comporterebbe nella gestione della RES PUBLICA. Ora non si ammettono errori. Abbiamo fatto esperienza nel bene e nel male. Adesso serve una svolta, una svolta che chiede il Paese ma che soprattutto chiedono i giovani.
Servono efficienza, meritocrazia, trasparenza e soprattutto una politica anche impopolare se dovesse servire. Alleanza Nazionale dovrà essere la spina nel fianco ( se mai dovessimo vincere ) di Berlusconi e degli alleati, dovrà essere la voce di una Destra che innova e modernizza un paese ingessato da corporazioni, da statalismo, da centralismo e da sindacalismo.
Non buttiamo via questa occasione perchè se uno come me, dopo 11 anni di militanza, arriva a concedere un'ultima possibilità alla gestione del potere ( non alla POLITICA che per me ha un valore troppo alto da poter essere confuso ), allora si può immaginare quanti nostri coetanei siano totalmente sfiduciati e incazzati con ciò che loro intendono per politica, dando spunto a personaggi come Beppe Grillo che nella loro genuinità non rappresentano, ahimè, la risposta giusta.

ARCADI......AU....AU....AU!!!


Ernesto D.G.
FINITA LA FESTA ORA SU LE MANICHE.

Stendiamo un velo pietoso sugli sputi, lo spumante in Senato, la mortadella e gli schiamazzi...queste tracotanti esternazioni non fanno parte del nostro stile. Noi onoriamo le vittorie e rispetiamo le sconfitte.
Ricordiamoci che l'entusiasmo va contenuto perchè stiamo sempre parlando di un momento critico per la Nazione. Manca una maggioranza di governo e dobbiamo sperare se ne formi presto una nuova. Bisogna concentrarsi sull'eventualità di nuove elezioni, con tutto ciò che questo comporta per i militanti di partito, o ad un governo tecnico che prepari una nuova legge elettorale. Quanto a quest'ultima resto un sostenitore del sistema proporzionale, che ritengo l'unico buon sistema in grado di garantire una rappresentatività in un sistema multipartitico come il nostro. Ovviamente con una soglia di sbarramento che sia il 5 o il 6%, e anche con la designazione del candidato Premier. Perchè no! Altrimenti si vada al referendum e che decidano i cittadini, loro sì, veri sovrani di questo Paese!!

Per quanto riguarda le investiture si è già aperto il totopremier, ma pare che anche questa volta non possa escludersi l'ipotesi del Cavaliere, per Fini è ancora troppo presto...per adesso accontentiamoci di votarlo Sindaco di Roma!

Quanto a Mastella, le vesti istituzionali di Ministro della Giustizia non gli donavano per niente..chi l'ha investito non lo ha saputo valorizzare.. Il suo partito? Una compagnia teatrale di commedianti napoletani. Sono riusciti a portare la loro sceneggiata anche in Senato. Per il futuro speriamo ritornino nei luoghi che gli competono...non tra le nostre fila!

Alessandro C.






venerdì 25 gennaio 2008

Prodi, adieu


Tra rifiuti e magistrati, finanziaria e pacchetto welfare, recessione e legge elettorale, il governo Prodi abbandona un'Italia divisa, fluttuante, in cerca di una guida seria ed affidabile. La sconfitta del Professore è la sconfitta di un idea, dietro alla quale troppe forze politiche si sono barricate senza aggiungere contenuti.

La sinistra italiana può vincere le elezioni costruendo un'unità versus il nemico Berlusconi. Ma si ferma lì. Non c'è altro. E' la seconda volta che cade in questo tranello. E se due coincidenze fanno una prova, possiamo dire che il dato è inconfutabile. Troppa eterogeneità nei contenuti, punti cardinali differenti, un patrimonio culturale che spazia da De Gasperi a Marx, da Ingrao a Moro, dagli inceneritori al nucleare, fino a Sofri. Troppi partiti, troppe teste ferme asserragliate dietro un'ideologia che mai in queste due legislature ha fatto rima con diplomazia.


Ecco perchè lo scempio di ieri al Senato poteva essere evitato. Ecco perchè ieri Prodi ha consegnato all'Italia una pagina oscura di odio e vendicativismo. Al Professore non riconosco l'onore delle armi. Perchè alla base di questo mandato c'è stata una cortina di ferro dal nome senatori a vita. Ed è stato triste guardare geni della politica, dell'arte, della scienza, strumentalizzati come fossero persone in cerca di fortuna. Questo governo ha evidenziato fin da subito un deficit informativo. E' mancato quel senso di realtà nel considerare le elezioni del 9 e 10 aprile 2006 una vittoria mutilata. Da lì parte una crisi che si è materializzata con l'Udeur, ma sarebbe presto venuto fuori anche con altre componenti.

Serve adesso stabilità. Una legislatura che vada avanti per 5 anni. Ed oltre. Occorre un ciclo che spazzi via il vento dell'antipolitica, della demagogia, di una dialettica inconsistente. Servono le riforme. A partire da una legge elettorale, che deve ispirarsi in primis alla governabilità, ridando potere di scelta al popolo e ai suoi uomini, cancellando l'obrobrio delle liste bloccate. Serve un maggioritario che scandisca gli accordi elettorali prima del voto, lontano da quel proporzionale alla tedesca che puzza di trasformismo e nasconde inciuci dell'ultimo minuto.


Non serve sicuramente un governo tecnico. Perchè i tecnici in Italia hanno una patente e il clima non permette ulteriori divisioni su nomi, amici o parenti. Non servono più, e non sono mai serviti, soprattutto, 102 personaggi tra ministri e sottosegretari, figli di una politica clientelare che ha scambiato una bandiera per un territorio di conquista. Non servono polemiche sterili su PD, Udeur, Fisichella o Diniani: il governo era sepolto da tempo (tanto da avviare su questo blog un sondaggio sulla data di sfiducia).
Ora, con Fini presidente.
FINALMENTE LIBERI!!!

Giovedì 24 Gennaio 2008, ore 20.00 circa...data da ricordare! Perde la maggioranza in Senato un Governo, quello di Prodi, che sicuramente passerà alla storia come quello che ha compromesso l'estabilishment portato dal centro-destra nella nostra politica, e per la grande impopolarità di cui si è ricoperto. In appena due anni questi ministri e menestrelli ci avevano abituato a grandi bagarre nelle aule del Parlamento, a votazioni al cardiopalma, a scioperi su scioperi, ma soprattutto alla enorme perdita di autorevolezza del primo Ministro. Per non parlare delle enormi vessazioni tributarie cui hanno sottoposto tutti gli Italiani. Non è durato molto questo esperimento.
Ieri eravamo in tanti a "festeggiare" sotto Palazzo Chigi, con fare quasi provocatorio, ma giustificato, per manifestare il nostro disappunto nei confronti di chi spera di risanare i bilanci di un Paese GRAVANDO SULLE TASCHE DEI CITTADINI, E NON SUI COSTI DELLA POLITICA!! ....di chi per anni ha denunciato la fuga dei cervelli italiani verso l'estero, e poi non ha investito nulla sulla ricerca e sull'Università..di chi si è presentato all'Italia con l'intenzione di ritirare le truppe italiane dall'Iraq, e poi ha rifinanziato le missioni Italiane all'estero.. di chi si è sempre erto a difesa dei magistrati, e poi appena serviva li ha attaccati senza ritegno.. di chi si è presentato all'Italia come custode della legalità, e poi come primo provvedimento ha fato approvare l'indulto!!

Se ne potrebbero citare tante altre, ma il risultato resta sempre lo stesso: questo Governo ha iniettato nell'animo di moltissimi Italiani un sentimento di avversione nei confronti della politica, a causa delle manifestazioni di contradditorietà a cui ci ha abituato.

E' ora di iniettare l'antidoto a questa infezione. Speriamo di potere essere nuovamente noi gli "eletti". Serviranno i valori, a cui gli Italiani hanno dimostrato di essere ancora legati, le idee, la passione e i grandi temi che stanno a cuore alla gente, affrontati con senso di responsabilità, con rigore e con assoluta fermezza.

Si aprono adesso vari possibili scenari, ma col nulla che avanza non si scherza, non perdiamo tempo e.... ANDIAMO SUBITO AL VOTO!!

ALESSANDRO C.

abbiamo vinto!!!

ABBIAMO ATTESO...ABBIAMO SPERATO...E ABBIAMO VINTO!!!

Siamo al mulligan, siamo tutti ubriachi, e siamo felici di esserci liberati dal giogo prodiano!!!

giovedì 24 gennaio 2008


mercoledì 23 gennaio 2008

Contro ogni scherzo del destino...


Viva la finanziaria

Incrociando le dite...ci siamo quasi...

martedì 22 gennaio 2008

Ancora Sapienza



Chiudiamo la parentesi sulla vicenda Papa-Sapienza inserendo tre foto che sono il simbolo di tutta la manifestazione. Nella prima si vedono scendere i due striscioni dalla facoltà di Giurisprudenza. Nella seconda dietro la frase "Il Papa se ne va, i baroni restano", il folto corteo si avvia a contestare, di fronte al rettorato, gli invitati e i partecipanti all'inaugurazione dell'anno accademico. Nella terza, una rappresentanza di Arcadia si mostra ai flash con il sorriso di chi sa di essere, ancora una volta, dalla parte giusta.

lunedì 21 gennaio 2008

"ALL'OMBRA DEL COLOSSEO..ATREJU 2007"
..AMMAZZA QUANTO SEMO BELLI!!!!
( in ordine da sinistra: JENNIFER " a bardash"...il nostro tesoro....e la nostra tesoriera, ALESSANDRO, "er sergente" il militante tutto cuore e sudore, CLIO, "la vamp" il volto bello di Arcadia, ERNESTO, "mezzolitro" il luissino col portafoglio sociale, MARCO, "sardo" un concentrato di saggezza...al pecorino sardo, MATTEO,"MAS", quello della notte, MICHELE, "er cinghia" l'ariete di arcadia)....ed è solo un assaggio!!!
200.000 PERSONE CONTRO UNA SPARUTA MINORANZA.

Erano tutti a Piazza San Pietro ieri, per ascoltare l'Angelus del Papa e per esprimergli con la sola presenza la solidarietà che meritava. L'insulto ingegnato dai ben pensanti della Sapienza non era diretto solo al Pontefice, ma anche a tutti i valori che accompagnavano la sua venuta nell'Università: la tolleranza, il rispetto, e la laicità stessa. Nessun vero laico ha mai creduto che la semplice visita del Papa potesse compromettere lo spirito laico della nostra formazione universitaria, proprio perchè chi è profondmente convinto della sua identità e dei suoi caratteri non teme alcun confronto, anzi lo affronta con sicurezza, apertura e serenità.
In questa sciagurata circostanza, invece, hanno trionfato l'oscurantismo puro e la più sterile e palese strumentalizzazione politica operata dai soliti ignoti. (..noti solo ai registri della polizia!!), che con la loro violenza hanno cavalcato una protesta, altrettanto inutile, iniziata da alcuni professori di Fisica rendendo di fatto impossibile la venuta del Papa.
Ebbene questa parte marcia della gioventù italiana fortunatamente resta una sparuta minoranza, perchè a esprimere solidarietà al Papa ieri erano venuti da tuta Italia ed erano più di 200.000 persone...non pochi direi!

Il problema è che questa sparuta minoranza, per essere tale, è fin troppo ascoltata e considerata in Italia. In primis dai mass media, che non perdono occasione per narrare le loro violente gesta, a volte difendendoli e sponsorizzandoli, in secundis dalle istituzioni.

Sarebbe necessario un repentino cambio di rotta in questo senso e ci auguriamo che quanto accaduto in questi giorni e soprattuto la risposta della gente e dei giovani responsabili sia servita da lezione a tutti quanti!

Alessandro C.

venerdì 18 gennaio 2008

PREMIO CARLO MAGNO

Il Parlamento europeo e la fondazione del premio internazionale Carlo Magno di Aquisgrana hanno lanciato oggi nei 27 paesi dell'UE il premio europeo Carlo Magno per la gioventù.

Il premio, in denaro, verrà assegnato a singoli o gruppi di giovani tra i 16 e i 30 anni per progetti che promuovono la comprensione europea ed internazionale, favoriscono lo sviluppo di un sentimento comune dell'identità e dell'integrazione europee, servono da modello di comportamento per i giovani che vivono in Europa e offrono esempi concreti di cittadini europei che vivono insieme come una sola comunità. I progetti possono inoltre incentrarsi sull'organizzazione di vari eventi per i giovani, scambi di giovani o progetti internet con una dimensione europea.

Possono candidarsi al premio Carlo Magno i singoli giovani, i movimenti e le organizzazioni giovanili, le organizzazioni sportive, le scuole, e le università.
Le candidature dovranno essere compilate on line ( http://www.e-adagio.eu/cyp/CYPintro_it.html) entro il giorno 8 febbraio. Una giuria nazionale, composta dai Vice Presidenti dell'Europarlamento Mario Mauro, Luigi Cocilovo, Luisa Morgantini, e un rappresentante delle organizzazioni giovanili, coordinati dalla Direttrice dell'Ufficio per l'Italia del Parlamento europeo Clara Albani, valuterà le proposte migliori che saranno trasmesse a una giuria europea che sceglierà i primi 3 progetti classificati.

CORAGGIO

Non voglio essere banale e soprattutto non voglio ripetere ciò che chi mi ha preceduto ha giustamente evidenziato. Ma un piccolo passaggio dovete concedermelo. Anch'io mi unisco all'euforia per il buono e nobile risultato che abbiamo ottenuto. Abbiamo messo in campo quell'orgoglio che è la chiave di volta tra un gruppo ed una comunità. Ci siamo presi responsabilità e siamo usciti fuori, anche questa volta, dalle logiche correntizie che minano i risultati di un movimento.

Oggi abbiamo cantato, tutti, senza uno straccio di foglio che dirigesse i cori. Abbiamo sostenuto, per buona parte, una manifestazione senza un megafono. Non perchè quello che dicevamo facesse parte di un patrimonio del passato. Quelle parole uscivano fuori dal cuore, o dalla coscienza se preferite. Mentre tornavo a casa pensavo a tutte queste cose, e forse qualcuno si sarà pure sorpreso ai semafori, perchè sorridevo.

Apro la porta, accendo la tv e aspetto ansiosamente il servizio sulla Sapienza. Eccolo.
Azione Universitaria e Collettivi nello stesso servizio, in 60''. Due facce della stessa medaglia (religione/laicismo non laicità). Ma la cosa che mi ha più sorpreso, aldilà della scelta dei maggiori tg (comprensibile solo in ordine del fattore tempo, a discapito della corretta informazione defraudata nell'assimilare due cose diametralmente opposte nel suo significato), è stato l'ascoltare cori uguali. Dal "come Mastella Guarini come Mastella" fino al "Libertà", o "Dimissioni". Qualche domanda me la sono fatta, c'è qualcosa che non va....

Forse siamo accecati dall'ideologia e non riusciamo a vedere oltre la siepe. Intenti a riproporre contrapposizioni antiche a discapito di fatti ed avvenimenti che invece segneranno da domani la storia dell'Italia. Come ha detto Veneziani il vero bipolarismo è tra laici e cattolici. Forse siamo lontani parenti di quei giovani che trent'anni fa contavano di cambiare il mondo e che oggi in un modo o nell'altro te li ritrovi nei salotti buoni di Roma, fin quando nelle poltrone bianche di RaiUno o rosse di Canale5. Forse siamo succubi di strategie lontane dalle logiche dei giovani che tendono a riprodurre negli stessi gli errori o i rimorsi dei nostri padri.

No. Io in questa vicenda ci vedo qualcosa di molto più triste e pericoloso. In questa strana storia, tutta italiana, sento un vento che ritorna. Quello stesso clima che negli anni '70 ha garantito a qualcuno legittimità e ad altri la necessità di stare attento. Il preludio di fatti tragici, che ha garantito l'omertà e l'impunità a terroristi rei di pagine tanto oscure quanto gravi. Di questo vento bisogna aver paura, perchè non nasce dal basso, così come non è nata dal basso tutta la vicenda Papa-Sapienza, ma tra le maglie strette del declino etico. E non posso credere all'anticattolismo militante di soli 67 professori, nè a nugulo di teppisti che minacciano all'impazzata come nei peggiori film di Holliwood.
C'è qualcosa che si muove, da debellare. Ecco perchè oggi più che mai occorre chiarezza e comunità d'intenti. Da domani. Nelle aule, nelle strade, nelle università e nelle biblioteche.

giovedì 17 gennaio 2008

CON IL SORRISO SULLE LABBRA E IL CUORE COLMO DI RABBIA.

Cari ragazzi,
oggi nonostante tutte le ormai note avversità, abbiamo vinto un'altra lotta. E la cosa più importante è che questa lotta l'abbiamo vinta insieme, con la solita serenità che ci contraddistingue, con il nostro spirito di gruppo e con la nostra responsabilità nell'affrontare le lotte del movimento. Abbiamo risposto all'appello in tanti, e tutti con la motivazione tipica di chi combatte per un'ideale. Siete stati tutti fantastici! Oggi la ragione della manifestazione era particolarmente solenne. Gridavamo il nostro sdegno per una sconfitta della società italiana e dell'Università, ad opera di pochi benpensanti e di una massa di poveri bisognosi di idee, causata dall'assurda incompetenza dei soliti prodotti dell'imbecillità accademica:il "malefico"rettore Guarini e i suoi compari. Parlo di sconfitta perchè nell'università come la vogliamo noi non si può chiudere la porta in faccia alla cultura, al confronto, allo stimolo e alla tolleranza. La presenza del Pontefice non avrebbe fatto altro che nobilitare tutte queste qualità, ma purtroppo, come spesso accade nel nostro Paese, l'ignoranza di pochi ha avuto la meglio sul buon senso di molti. La violenza degli sciacalli ha fatto il resto. Il risultato è stata una figura irrimediabilmente misera di fronte agli occhi del mondo. Avremmo potuto decidere di abbassare la testa anche noi, ma non ci siamo stati. E abbiamo voluto essere i custodi dei valori che la nostra esperienza ci ha trasmesso contro l'ignoranza e contro la violenza. Ci siamo stati, eravamo pieni di rabbia, ma come i virtuosi l'abbiamo saputa controllare; eravamo pieni di vergogna, ma abbiamo saputo sorridere; eravamo pieni di speranza e questo faceva di noi un esercito imbattibile. Siamo stati l'orgoglio dell'Italia.

Per quanto riguarda poi la nostra comunità abbiamo saputo battere anche le solite divisioni di cui il movimento è infestato. Nonostante qualcuno abbia cercato di far prevalere i discorsi di politica (con la "p" minuscola) NOI NON CI SIAMO CASCATI e abbiamo deciso di esserci tutti e di metterci in prima linea. Siamo stati grandi!!Siete stati grandi!!

Alessandro C.

UNA SCELTA DI CAMPO

Ancora una volta l'onore e la serietà di Arcadia è stata più forte di ogni indegna logica correntizia.
Oggi all'Università La Sapienza abbia dimostrato di essere parte integrante del movimento di Azione Universitaria e non solo. Siamo riusciti a essere presenti in tutti i luoghi e in tutti i momenti strategici e nevralgici della manifestazione, dando non solo un contributo logistico e organizzativo, ma anche di partecipazione attiva e di servizio d'ordine.
La nostra presenza, senza dubbio fondamentale per la riuscita della manifestazione, è stata notata da tutti i dirigenti del movimento che ci hanno ringraziato ancora una volta per la nostra abnegazione anche quando siamo in disaccordo con le decisioni prese dai vertici del movimento.
Questo rende merito a tutti Voi e la causa che oggi abbiamo onorato ci rende ancora più forti.
Arriveranno a breve altre battaglie mille volte più difficili di questa, ma sono convinto, come lo ero lo scorso anno ( e non mi sono affatto sbagliato ), che Arcadia non deluderà neanche questa volta.
Dovremo essere Noi, con il nostro esempio nel movimento giovanile e universitario a cui apparteniamo, le nuove leve di una Politica Meritocratica ed Efficiente; dove all'interno di una comunità i più bravi e capaci si mettono al servizio dei più deboli, dove gli ideali dell'onore e della patria vengono prima di ogni altra cosa, dove il clientelismo viene bandito sotto qualsiasi tipo di forma; dall'assistenzialismo parlamentare al portaborsismo, dalle raccomandazioni alle scelte trasformiste ( presenti ahimè anche nel nostro mondo ). Quando parliamo del " puzzo " della politica ci rivolgiamo a tutto il mondo parlamentare e non che ci circonda, senza distinzioni di colori ma di uomini, perchè molte volte sono gli uomini a fare la differenza e non solo le sue idee.

Per me è un Grande Onore essere un membro di questa Comunità.

Arcadi....AU....AU....AU!
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Ernesto D.G.

mercoledì 16 gennaio 2008

COMUNICATO STAMPA

“UNA MACCHIA INDELEBILE SULL’UNIVERSITA’ ITALIANA”
PETROLI: “IL RETTORE RENATO GUARINI SI DIMETTA”


“Nella vicenda Papa-Sapienza le reali vittime sono studenti e cultura, sopraffatti da minacce becere e da un regime di tensione imperante. E’ inaccettabile il clima di odio che alcune frange della sinistra oltranzista perpetuano ai danni della didattica e dell’istruzione. Gli stessi che si dichiarano pacifisti e fermi sostenitori del dialogo” così Alessandro Petroli, membro dell’esecutivo nazionale di Azione Universitaria. “Va debellato soprattutto”, continua Petroli, “lo stato di impunità che permette a questa ristretta cerchia di studenti, di fare dell’università, con ogni mezzo o minaccia, una cassa di risonanza mediatica per scopi propri e minoritari. Per questo chiediamo le immediate dimissioni del rettore della Sapienza, Renato Guarini, il quale non garantendo la sicurezza del Papa e degli studenti, è riuscito a trasformare l’inaugurazione dell’anno accademico 2008/2009 in una macchia indelebile sulla storia nobile dell’università italiana”. Petroli conclude: “L’università italiana deve tornare ad essere luogo di cultura, di scambio, di dialogo, di crescita. E per fare questo occorrono figure nuove, lontane dagli scandali concorsuali o da appalti truccati”.
“Non garantire il diritto di parola nelle università rappresenta un passo indietro di almeno cento anni”, così Fabio D’Andrea, membro del direttivo romano di Azione Giovani. “Quello che soprattutto fa riflettere è la poco tempestiva condanna da parte di rappresentanti politici forse affini a questo tipo di intemperanze. Allo stesso tempo rimane ripugnante” conclude D’Andrea, “il comportamento di esimi educatori e docenti che istigano all’odio e all’integralismo anticattolico”.

martedì 15 gennaio 2008

Ecco cosa disse realmente Ratzinger

Vi auguriamo una buona lettura e vi esortiamo a formulare un libero giudizio riguardo alle esternazioni degli ultimi giorni.

"Nell'ultimo decennio, la resistenza della creazione a farsi manipolare dall'uomo si è manifestata come elemento di novità nella situazione culturale complessiva. La domanda circa i limiti della scienza e i criteri cui essa deve attenersi si è fatta inevitabile. Particolarmente significativo di tale cambiamento del clima intellettuale mi sembra il diverso modo con cui si giudica il caso Galileo. Questo fatto, ancora poco considerato nel XVII secolo, venne - già nel secolo successivo - elevato a mito dell'illuminismo. Galileo appare come vittima di quell'oscurantismo medievale che permane nella Chiesa. Bene e male sono separati con un taglio netto. Da una parte troviamo l'Inquisizione: il potere che incarna la superstizione, l'avversario della libertà e della conoscenza. Dall'altra la scienza della natura, rappresentata da Galileo; ecco la forza del progresso e della liberazione dell'uomo dalle catene dell'ignoranza che lo mantengono impotente di fronte alla natura. La stella della Modernità brilla nella notte buia dell'oscuro Medioevo. Secondo Bloch, il sistema eliocentrico - così come quello geocentrico - si fonda su presupposti indimostrabili. Tra questi, rivestirebbe un ruolo di primo piano l'affermazione dell'esistenza di uno spazio assoluto; opzione che tuttavia è stata poi cancellata dalla teoria della relatività. Egli scrive testualmente: 'Dal momento che, con l'abolizione del presupposto di uno spazio vuoto e immobile, non si produce più alcun movimento verso di esso, ma soltanto un movimento relativo dei corpi tra loro, e poiché la misurazione di tale moto dipende dalla scelta del corpo assunto come punto di riferimento, così (qualora la complessità dei calcoli risultanti non rendesse impraticabile l'ipotesi) adesso come allora si potrebbe supporre la terra fissa e il sole mobilé. Curiosamente fu proprio Ernst Bloch, con il suo marxismo romantico, uno dei primi ad opporsi apertamente a tale mito, offrendo una nuova interpretazione dell'accaduto. Il vantaggio del sistema eliocentrico rispetto a quello geocentrico non consiste perciò in una maggior corrispondenza alla verità oggettiva, ma soltanto nel fatto che ci offre una maggiore facilità di calcolo. Fin qui, Bloch espone solo una concezione moderna della scienza naturale. Sorprendente è invece la valutazione che egli ne trae: 'Una volta data per certa la relativita' del movimento, un antico sistema di riferimento umano e cristiano non ha alcun diritto di interferire nei calcoli astronomici e nella loro semplificazione eliocentrica; tuttavia, esso ha il diritto di restar fedele al proprio metodo di preservare la terra in relazione alla dignità umana e di ordinare il mondo intorno a quanto accadrà e a quanto è accaduto nel mondò. Se qui entrambe le sfere di conoscenza vengono ancora chiaramente differenziate fra loro sotto il profilo metodologico, riconoscendone sia i limiti che i rispettivi diritti, molto più drastico appare invece un giudizio sintetico del filosofo agnostico-scettico P. Feyerabend. Egli scrive: 'La Chiesa dell'epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisioné. Dal punto di vista delle conseguenze concrete della svolta galileiana, infine, C. F. Von Weizsacker fa ancora un passo avanti, quando vede una 'via direttissima' che conduce da Galileo alla bomba atomica. Con mia grande sorpresa, in una recente intervista sul caso Galileo non mi è stata posta una domanda del tipo: Perché la Chiesa ha preteso di ostacolare lo sviluppo delle scienze naturali?, ma esattamente quella opposta, cioé: Perché la Chiesa non ha preso una posizione più chiara contro i disastri che dovevano necessariamente accadere, una volta che Galileo aprì il vaso di Pandora?. Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande. [...] Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".

lunedì 14 gennaio 2008

LA MAFIA NON DORME TRA I RIFIUTI

Dedicato a tutti quelli che parlando dell'incubo di Napoli dimenticano di inserire la parola "Camorra".

domenica 13 gennaio 2008

IDI AMIN DADA ("AMIN") E L'UGANDA


Parlare di fatti lontani nel tempo e nella geografia non è mai facile.
"L'ultimo re di Scozia" ripercorre, in maniera fedele, gli anni difficili della dittatura comunista di Amin Dada, in Uganda. Un dittatore sui generis, come lo sono stati i regimi africani, che pur riconoscendo la presenza di Dio, incarna una figura metafisica, onnipotente. Forest Withaker con questa interpretazione ha vinto il premio oscar in qualità di miglior attore protagonista nel '07.
Da non perdere.

sabato 12 gennaio 2008

Quando la spazzatura prende il largo...


E’ giusto o no che l’ondata dei rifiuti si disperda in tutta Italia? Concetti relativi quelli del giusto e l’ingiusto e per ciò si preferisce parlare in termini di “legale”. Legale in base a quel principio di solidarietà con il quale sono state pensate le regioni e tutto l’apparato statale. Ma dico questa solidarietà, tanto sbandierata in questi giorni, non è forse un modo per compensare la debolezza istituzionale nel napoletano -se non una connivenza con certe “realtà”- ? Richiamarsi ad essa non equivale forse ad una sconfitta da parte dello Stato stesso?
Non si potrebbe nemmeno dire che questo problema non si fosse presentato in passato; e’ da circa 14 anni che se ne parla, anche se non mancano testimonianze che affondano in un passato ben più remoto. Eppure nulla si è fatto, si è lasciato che la bomba alla diossina scoppiasse. Si sapeva che la Campania non possedeva impianti adatti – e comunque troppo pochi - allo smaltimento dei rifiuti, ma nessuno è corso ai ripari. O meglio quando si è cercato di risolvere certi problemi la popolazione campana si opposta con un netto rifiuto per sino alla costruzione dei termovalorizzatori, perché? Perché inquinavano. Tutto a favore di chi su queste cose non solo ci campa, ma si arricchisce (vedi camorra). Non essendovi la disponibilità di impianti, ecco il fiorire delle discariche abusive, zone franche dove le norme per la tutela ambientale non esistono … gli agricoltori sanno bene cosa questo significhi e si potrebbe ben parlare di disastro ambientale.
Oggi? Oggi le navi prendono il largo cariche di rifiuti per la sclerosi infrastrutturale campana. Comprensibile l’indignazione di molti sardi (me compreso) di fronte all’affluire di tonnellate di spazzatura. Inevitabile l’idea di essere trattati come discarica. Oltre ad una buona fetta di orgoglio isolano c’è la logica giustificazione che i problemi andrebbero risolti alla base e non aspettare che raggiungano il livello di emergenza per evitare di andare contro le organizzazioni camorristiche e contro un potenziale bacino elettorale. Situazione non facile, aggravata da numerose incognite, dove malavita si lega a disoccupazione, imprese, malessere sociale … Al quale non rimane ovviamente estranea la politica, incapace oltretutto di dichiararsi sconfitta (o meglio incapace) e nascondere il deficit di forza e capacità dietro a disposizioni costituzionali.






Marco C.

venerdì 11 gennaio 2008

NON FACCIAMO ABORTIRE L'IDEA DI UN'ITALIA MIGLIORE !!

Finalmente si è riaperto in Italia il confronto sull'aborto e tutte le forze sono scese in campo nuovamente. Chiesa, partiti, medici, ricercatori...è l'ora che anche noi giovani militanti di una fede nobile ad antica riapriamo un dibattito interno per dare il nostro contributo.

Alla base di tutto mi piacerebbe che venisse accettato un principio, un valore.
Deve essere poi tale impostazione a suggerire la migliore traducibilità in un progetto di legge che sia frutto di un'attenta analisi.

La mia sensibilità, scevra da qualsivoglia condizionamento politico o religioso, mi porta a considerare una comunità povera di sostanza quella che confonda la cultura della morte e la sconfitta dell'individuo con il progresso della scienza. Ci sono tanti modi "istituzionali" per uccidere una persona. L'aborto la può uccidere prima di farle aprire gli occhi, lo sfruttamento del precariato ne può uccidere le ambizioni e i sogni, le mancate misure di sicurezza sul lavoro possono ucciderne l'impegno e il sacrificio, una pallottola sparata da un poliziotto sull'autostrada possono ucciderne l'entusiasmo, il non aver ancora reso giustizia a questo evento può ucciderne la fiducia e la speranza. Una società che rimanga inerme di fronte a tutto questo è una società morta.

Ma non tutti vogliono continuare a recitare la parte dei morti viventi.. la riapertura di un confronto sul tema dell'aborto è un'opportunità che ci stiamo dando per riscattarci, per provare a rinascere più puri e sorridenti di prima.

La via per distinguere la tutela del diritto di una donna a non piangere e soffrire dalla difesa di un innocente futuro membro della nostra comunità NON è e non PUO' essere l'aborto selvaggio!

Quindi il mio auspicio è che si riaffermi l'importanza di un valore: quello dell'assoluto rispetto dell'individuo e della sua espressione naturale dalle origini della sua vita fino alla sua fine.

Alessandro C.

Quanto sei bella Roma


Poco fa al pub c'era un irlandese. Simpatico fino al punto che ci chiamava "mammoni" suscitando esclusivamente la nostra ilarità. Fatto sta che da come raccontava ha vissuto in Italia per due anni. Il primo a Roma, il secondo nei pressi del lago di Como. Adesso lavora ai Caraibi. Ebbene le sue vacanze con la moglie se le sta facendo in Italia.
Spesso passiamo al fianco di posti unici al mondo senza essere sorpresi. Senza lasciarci andare a quel' "ooohhh" mai ingenuo. I Caraibi Ronnie li ha trovati a Roma.

giovedì 10 gennaio 2008

La collina dei ciliegi

I nuovi dizionari dovrebbero partire da questa poesia per spiegare il verbo amare.

Il NYT e la tristezza degli italiani

I padri della comicità italiana si dannerebbero l’anima. Alla ricerca dell’ultima battuta valida a tirare su il morale dei loro connazionali. Ma non basterebbe. La tristezza degli italiani ha superato i confini geografici ed è arrivata fino alle nobili colonne del New York Times. E’ un caso cervellotico, che nemmeno il miglior Tom Ficcanaso, di Benito Jacovitti, riuscirebbe a risolvere: dov’è finita l’irridente, celeberrima, allegria di italica memoria?

Il best seller di Rizzo e Stella, “La casta”, assicura delle risposte valide e certificate. Il malumore e la sfiducia che attanagliano l’economia italiana sono il frutto di un distacco troppo evidente tra la classe politica e la società civile. Il tanto sbandierato dialogo, a cui entrambi i poli fanno riferimento, si ferma nei centri di potere delle città. Lontano dagli operai, dalle famiglie, dagli appartamenti in affitto, dalla prostituzione e dagli abusivi. Vicino agli zeri, almeno cinque o sei, dei soldoni. La forte partecipazione che gli italiani assicurano alle elezioni politiche (tra le più alte d’Europa, con circa l’85% degli aventi diritto), esprimono la volontà di condividere le scelte, di fare sacrifici per un progetto di cambiamento. Ma nel passaggio tra prima e seconda repubblica è rimasto fermo il modello nostrano di politica, che continua ad alimentarsi di clientelismo e non fa rima con la meritocrazia.

E non basta ammettere questo distacco. Perché le città vivono di grandi tematiche che rappresentano le sfide al futuro. Necessitano di risposte immediate. Troppo semplice affiancare la parola tristezza alla città di Napoli, con il suo incubo legato ai rifiuti e agli interessi malavitosi. Più complesso, ma ugualmente proficuo, sottolineare la necessità improrogabile di una legge elettorale che garantisca innanzitutto la governabilità. Tale da favorire un bipolarismo coerente e coordinato, dietro le figure di premier riconosciuti. Per troppo tempo, ormai, le qualità diplomatiche del capo di governo di turno sono valse da collante al fine del prosieguo della legislatura. E poi ancora, rimangono scoperti i nodi legati alle risorse energetiche, alla sicurezza, all’immigrazione, ai salari, ad un’economia che non sembra voglia riprendere a correre.

Ma soprattutto l’Italia è triste perché i suoi giovani non sorridono. Rinchiusi dentro lo spettro della flessibilità, invisibili agli occupanti di poltrone e cda, senza la speranza di una pensione dignitosa, coperti, ancor prima di iniziare a lavorare, di debito pubblico. E mentre gli spagnoli arrivano al tanto sbandierato sorpasso a livello economico, gli investimenti pubblici in ricerca e tecnologia sono fermi al palo. In attesa di un nuovo tesoretto…

“Scommettete sull’Italia, sulla nostra tradizione e il nostro spirito animale”, le parole del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, hanno il sapore amaro di una ammissione, ma rincuorano. Perché mettono in evidenza chi non si piega alle schermaglie economico-commerciali e cerca di tutelare i propri connazionali. L’Italia dovrebbe ripartire dall’orgoglio, dall’amor proprio, dal senso civico e dalla coscienza. Perché i cicli economici passano rapidamente, ma per ricostruire un grande Paese occorre innanzitutto la nobiltà d’animo dei suoi (primi) cittadini.

mercoledì 9 gennaio 2008

martedì 8 gennaio 2008

SANREMO, IL CIRCO RIAPRE.

Molti di noi sono ancora con lo spumante in mano, reduci dalle feste ormai andate, o con l'ultima fetta di panettone da gustare a dispetto della dieta, ed è già scoppiata la polemica sul Festival di Sanremo. Altri stanno cercando di spiegare alla Befana che oltre al carbone qualche caramella l'avrebbero meritata. Ma a 1 mese e 17 giorni dal suo avvio, il festival della canzone italiana promette di occupare in maniera stabile le pagine di gossip di giornali e rotocalchi.

Questa volta però non si tratta della solita sceneggiata su colori delle scarpe e pailletes luccicanti. Certo, scrivere di Sanremo assicura sempre un ottimo ritorno in termini di vendite e visibilità. Ma l'accusa potrebbe lasciare il segno sulla 58° edizione e parte dalle pagine del "Secolo d'Italia". A Sanremo solo artisti con una patente di sinistra o con canzoni "prodian-progressiste".


Fuori Povia e Francesco Baccini, dentro la Bertè (esplicitamente comunista), Max Gazzè (prima tappa del tour il Villaggio Globale...) e Michele Zarrillo (nella sua antologia anche canzoni contro il Berlusca, ma in Italia sappiamo quanto tira). Anna Tatangelo presenta una canzone sui gay e sorvoliamo sulla presenza di Frankie Hi Nrg (con la sua "Rivoluzione"). E poi ancora, Eugenio Bennato, Sergio Cammariere (nota la sua "militanza") e Federico Zampaglione (Tiromancino, con patente di sinistra).

Da che mondo e mondo il potere ha sempre cercato di riempire il mondo della cultura con i suoi messaggi, di varcare la soglia dell'arte e soggiogarla ai propri disegni. E sempre questi tentativi sono stati condannati fermamente, in nome di una classe intellettuale libera e indipendente.

Anche in questo caso non mancheranno le polemiche. Verranno sbandierate selezioni regolari, e garantita la assoluta correttezza del concorso. Ma la casualità rimane. Come rimane il Pippo nazionale, unico superstite delle polemiche e degli scandali che hanno minato e garantito il successo della kermesse.

lunedì 7 gennaio 2008

Miserevole esistenza quella nostra, in un mondo senza eroi, raccontato con parole tiepide e vissuto sul portafoglio. Nulla abbiamo da rimpiangere, il mondo adiacente a questo non era più rampante, su certi versanti meno giusto e su altri forse meno acuto del nostro; sicuramente corridore di staffette con testimone una decadente postmodernità. Non parlo di singoli cuori isolati, loro osservavano e perivano, ma di intere schiere di animi con vuoto a rendere. Riempiti sino alla cima di cianfrusaglie, spacciate per valori, intrise di miope buonismo e riciclate per ottenere forme diverse..costituite però dello stesso materiale. Il nostro presente? Figlio di quel passato, e come ogni parentela, erede di difetti e fatto della medesima amalgama. Sfida titanica affidarsi a se stessi, selezionare la composizione del proprio cuore, e farsi differenti remando sulla cascata, fermare il testimone, e distribuire la fiaccola… nel peggiore dei casi rimarremo consapevoli osservatori, nel migliore il futuro ci apparterrà.

domenica 6 gennaio 2008

Arcadi...AU..AU..AU

IL CORAGGIO DI GUARDARE AL FUTURO

Quello che segue è l'editoriale di dicembre di "Arcadia".

Più di una generazione è cresciuta con il mito della democrazia, quale argine unico dei mali della storia. Al bando violenza, emarginazione, povertà, razzismo. Nel segno dell’integrazione. Fermi questi valori, assistiamo con inenarrabile apatia ad un escalation di violenza che mina la tranquillità nazionale. Il problema sicurezza ha invaso le cronache nazionali e ha messo in evidenza un nodo di carratura europea. Il trattato di Schengen (in vigore in Italia dal 1997) garantisce la libera mobilità dei cittadini membri dell’UE, ma non ha previsto le giuste contromisure per circoscrivere il fenomeno dell’emigrazione di massa davanti a determinate esigenze. Ecco perchè serve un modello Italia.

Le prime pagine riportano un’Italia insicura, vittima dei suoi stessi valori, colpita al cuore nella sua capitale. L’omicidio di Tor di Quinto rappresenta un fallimento delle istituzioni che reclama giustizia. Quella giustizia che non fa rima con l’indulto e con una classe politica vecchia e lontana dalla società civile. L’Italia è cristallizzata al secondo dopoguerra, dove si poteva far fronte ai problemi con il dilettantismo della prima ora. Dove si faceva a rimpallino sulle responsabilità, e si andava a dormire sicuri che la guerra fosse lontana; e in definitiva nulla le si avvicinava. Oggi assistiamo a stralci di guerra civile con un’irridente indolenza, asserragliati dietro ad un bipolarismo di facciata più che di contenuti. Mai tradire quella fiducia concessa nel seggio al cospetto di un avversario che potrebbe avanzare, fino ad occupare incarichi di governo. Si continua a parlare di nemici. Di persone da arginare ed isolare in virtù di ideali e percorsi politici.

Siamo fuori da ogni logica meritocratica, al cospetto della quale anteponiamo il mantenimento dello status quo e di una bandiera di partito. I sondaggi parlano di una società che non crede e non ha fiducia nella sua classe dirigente, ma puntualmente siamo pronti a fare un passo indietro davanti alle dichiarazioni del politico di riferimento. Tor di Quinto non plus ultra. Le politiche di integrazione del governo hanno evidenziato inqualificabili manchevolezze. Che si legano a doppia mandata con quelle del Comune di Roma e del ministero della Giustizia. Inversione di rotta, please. Qualcuno ha dovuto addirittura rispondere di un ipotetico popolo italiano xenofobo e razzista. Noi, parte lesa da un nugulo sempre crescente e militante di delinquenti e fuorilegge.

AAA atto di coraggio cercasi. A partire dalle università, dove si formano le menti e nascono uomini. Dove le aule vengono occupate unilateralmente, da un nugulo di militanti e fuorilegge. Un atto di coraggio che urli indignazione e reclami la responsabilità dei colpevoli.

FdA
camerati ringrazio fabio per la realizzazione di questo blog...caro camerata lo considero un tuo regalo a tutta la nostra comunità come buon auspicio per il 2008!!

per tutti gli arcadi un caloroso ad maiora per il nuovo anno

a noi!

alessandro C.

LA STRAGE DI ACCA LARENTIA: UNO DEI VOLTI PIU’ MACABRI E MISTERIOSI DELL’ITALIA.

Il 7 gennaio del 1978 è entrato nella memoria come uno dei giorni più tristi nella storia della destra giovanile italiana e di tutta Europa. Un giorno destinato a cambiare in modo drammatico la vita di molte persone e di molte famiglie.

Quel pomeriggio nella sezione del Fronte della Gioventù in via Acca Larentia, nel quartiere Appio di Roma, i ragazzi stavano tenendo una riunione all’interno della sede. Nessuno poteva immaginare che terribile destino avrebbe travolto in pochi attimi quei giovani militanti. Infatti quella sezione era stata segnata come prossimo bersaglio da un commando della sinistra extraparlamentare, il cui odio quel giorno aveva deciso di scatenarsi contro un gruppo di ragazzi molti dei quali minorenni. Improvvisamente una macchina con a bordo almeno tre persone si è appostata davanti all’ingresso della sezione ed è partita una raffica di proiettili diretti contro la saracinesca semichiusa del locale. Per pochi minuti regnano il panico e la paura. D’improvviso però subentra la tragedia. Franco Bigonzetti viene colpito mortalmente e cade a terra. Francesco Ciavatta cerca di scappare all’esterno ma viene freddato alle spalle mentre correva disperatamente cercando di mettersi in salvo e si accascia esanime in un lago di sangue. Dopo aver ultimato la strage gli assassini si allontanano. Ma purtroppo il destino aveva deciso che altro sangue sarebbe stato versato quel giorno.

La notizia si sparse velocemente in tutti gli ambienti della destra militante e presto moltissimi ragazzi accorsero sul luogo del delitto per vedere cosa era successo. Naturalmente anche giornalisti e forze dell’ordine arrivarono in gran numero.
In pochi istanti la rabbia, l’odio, il senso di vendetta, l’orgoglio e la tensione si unirono e si scatenarono in un vortice di violenza. Scoppiarono dei tafferugli che le forze dell’ordine con difficoltà cercarono di placare. Bastò poco a provocare la rissa, che presto si trasformo in guerriglia. Si dice fosse stata una battuta sbagliata da parte di un giornalista o un mozzicone di sigaretta lasciato cadere in modo irrispettoso in una pozzanghera di sangue. Poco importa. In quel momento l’atmosfera era troppo surreale e tragica per ispirare un comportamento responsabile.
Durante gli scontri furono bruciate macchine sul marciapiede, furono erette barricate, furono sparati i lacrimogeni e purtroppo ad un certo punto partì anche un colpo di pistola. L’ennesimo in quegli anni. Sparato ad altezza d’uomo. Ma questa volta a sparare era stato un carabiniere con la pistola d’ordinanza. Il proiettile andò a colpire alla testa Stefano Recchioni un ragazzo minorenne che militava nel Fronte della Gioventù e che era giunto lì per condividere il dolore dei suoi Camerati. Cadde a terra tra le braccia dei suoi amici e altre lacrime si aggiunsero a quelle versate per gli altri due caduti.

Questo è quanto accaduto a via Acca Larentia il 7 Gennaio 1978. Molte cose sarebbero accadute dopo quel giorno. Molti ragazzi uscirono particolarmente scossi da quell’esperienza e ritennero più giusto continuare la loro lotta da altri fronti. Cominciarono a nascere così le prime organizzazioni terroristiche di destra, e altre formazioni che aderirono ai principi della lotta armata per difendere la causa. Lo stato Italiano si apprestava ad entrare in un periodo molto difficile e complicato, da cui sarebbe uscito molti anni dopo con molte perdite sui vari fronti.

E' nato

In mezzo a tanto tergiversare, tra aspre battaglie mentali che combattiamo quotidianamente, nel mare magnum della nostra burocrazia, mi sono dato coraggio e ho deciso di dare il la a tutti Voi.

Questo blog nasce per vivere, e per farlo necessita della collaborazione di tutti. Per diventare un punto di riferimento tangibile e fruibile da un mondo sconfinato quale la rete offre. Sarà un luogo dove costruire le nostre riunioni, discutere dei temi affrontati, riflettere, parlare, partecipare e criticare.

Un elemento di congiunzione trasversale al mondo giovanile, alle università, al territorio e al mondo degli adulti. Per sostenere e allargare all'esterno quel sentimento comunitario che da tempo, ormai, illumina il nostro cammino.

FdA