mercoledì 28 marzo 2012

Treni-taglia in due lo Stivale

A 151 anni dall’Unità d’Italia, dopo le tante minacce di separazione da parte di fazioni politiche, una divisione della Nazione,di fatto, si sta lentamente compiendo. Ad opera delle Ferrovie dello Stato.
Un taglio che ha dell’assurdo. Trenitalia, società di proprietà al 100% delle Ferrovie dello Stato (quindi, con partecipazione statale attraverso il Ministero dell’Economia e delle Finanze), infatti, pur gestendo cospicui fondi pubblici, presenta bilanci e struttura produttiva da azienda privata. Ma non è questo il problema, figuriamoci. Quanto, il farlo sulle spalle di determinati “settori”, quelli “meno appetibili” dal mercato.
Trenitalia, anzi, Treni-taglia, ha infatti, da un lato migliorato (e di molto) i servizi nei tratti più trafficati, dall’altro ha tagliato selvaggiamente in quelle zone meno trafficate.
A cominciare dal Mezzogiorno, sempre più isolato dai collegamenti. Per continuare con le tratte dei pendolari verso i grandi centri, e le altre zone del Centro e del Nord poco interessanti da un punto di vista di mercato. E per finire con il taglio dei treni notte che collegavano i passeggeri di varie parti d’Italia di notte, in tutta calma. In totale, sono state 21 le tratte soppresse nell’ultimo anno.

Il Sud è il caso più lampante di questi tagli. La Calabria e la Sicilia, nello specifico, i due esempi chiave. Dal Nord verso la Sicilia i treni sono stati soppressi. E per chi volesse scendere da Milano, Torino, Venezia,a Palermo in treno, lo potrebbe fare solo facendo scalo a Roma. I servizi sono peggiorati. Dall’orario (di mezz’ora in più rispetto a 30 anni fa), alla soppressione dei vagoni (da 10 a 8, in media), alla soppressione di intere fasce orarie. Gli abitanti di alcuni capoluoghi siciliani, come Agrigento o Ragusa, addirittura per prendere un qualsiasi treno saranno costretti ad arrivare a Palermo o Siracusa. E verso gli altri capoluoghi non esiste alcun collegamento.
In Calabria, ad esempio, i treni alta velocità che portavano a Reggio Calabria sono stati dimezzati, con orari improbabili e scomodi, senza alternative più economiche. Nella Locride si viaggia su una sola rete, e nemmeno elettrificata. I servizi interni (verso Catanzaro, Sibari e Lamezia) sono insufficienti, e nemmeno Gioia Tauro, il più grande scalo transhipment del Mediterraneo, ha raccordi efficaci con le reti italiane ed europee. Senza contare che la linea ionica, dopo 137 anni, ha chiuso i battenti. E su quella tirrenica si assiste ad una continua erosione che causa rallentamenti e deviazioni delle linee.
In Basilicata, la regione che, a livello di viabilità, è la peggiore d’Italia, gli orari dei treni e la loro qualità hanno subìto rigidi provvedimenti.
In Puglia il Salento è praticamente stato tagliato fuori dai collegamenti col resto d’Italia, e le altre zone non se la passano meglio.
E non si contano le volte in cui, in prossimità delle grandi feste, i costi dei biglietti sono stati alzati, a fronte di un servizio scadente e superficiale, e di un’eliminazione incomprensibile di vagoni. (Es. periodo di Natale 2011, intercity Roma-Napoli-Taranto, solo 4 vagoni, al contrario dei 9 del Natale 2010).

E per quanto riguarda i pendolari, la legge di stabilità ha tagliato qualcosa come 1,7 miliardi di Euro al trasporto regionale. I pendolari che arrivano a Roma, per esempio, si ritrovano spesso con orari impossibili, treni fatiscenti e stracarichi, e ritardi all’ordine del giorno.
E se si pensa che, di contro, per la stazione dell’alta velocità di Tiburtina sono stati spesi 330 milioni di Euro, le tratte da Milano a Roma sono diventate pressoché tutte ad Alta Velocità, con treni nuovissimi e lussuosi, e addirittura Trenitalia ha creato ben 4 classi per i passeggeri, su quei treni che viaggiano dal centro al Nord, c’è da rimanere amareggiati e delusi per la disparità abissale di trattamento.
A maggior ragione se consideriamo che le Ferrovie dello Stato continuano a percepire contributi da Stato e Regioni, con contratti di servizio a questi tracciati, e che sia il Trattato di Roma, sia la legge Italiana sulle concorrenze definiscono “I settori d’interesse economico generale” (i servizi pubblici, tra cui,appunto,i treni). Un vero e proprio taglio in due dell’Italia, che riporta la Nazione agli anni ’50. Noi non ci stiamo. Basta tagli. Basta calpestare la popolazione. Basta farlo con i soldi pubblici.



lunedì 19 marzo 2012

A titolo comunitario

Chissà se basterà mettersi sotto al braccio per una settimana, un mese o un ora Dante e la sua Divina Commedia per redimersi dalla deflagrazione dei comunicati stampa degli ultimi giorni. Chissà se le nuove frontiere della modernità preferiscono il linguaggio di una partita cantata a colpi di personalismi in rima baciata allo schema incatenato e molto rivoluzionario delle cantiche. Chissà se sotto il segno dell’arte più che dell’identità nazionale si riuscirà a trovare una quadratura tra il regno delle due Sicilie e quello di Sardegna, tra i nuovi guelfi e i ghibellini, al grido “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province ma bordello!”.

Perché se è vero che le agenzie di rating si ostinano a defenestrare banche e governi, titoli di stato e enti comunali sulla base della rissosità e della poca trasparenza, senza che questi possano darne una controprova utile a sbugiardare con la stessa tempra gli interessi della grande finanza, la pletorica spaccatura che si è consumata sulle righe fredde e tecnologicamente avanzate dell’Ansa o dell’Adn richiamerebbero tutti, militanti, simpatizzanti e amici di amici, ad un senso di responsabilità e di attaccamento che non può considerarsi in soffitta di fronte allo spauracchio di un congresso. A maggior ragione se i protagonisti di queste nuove fronde che guidano la Giovane Italia sono da considerarsi figure indicate da una CRN, cabina di regia nazionale, che attentamente ha valutato i percorsi, la storia, i talenti e promiscuamente diviso tra federazioni e coordinamenti.
Per le strade di Roma, e non solo, al fianco di un’idea di Europa che continuiamo a condividere, si aggirava un fantasma che già nella tarda mattinata di martedì ha svelato il suo mantello. E’ uscito fuori dal guscio il Metodo che si differenzia dal Merito per via della forma che porta ad assumere alla realtà.
E poi gli obiettivi verso i quali guidare un movimento che si affaccia sotto il sole per essere il nuovo che avanza, custode di una tradizione che si rinnova, figlio di una storia che trova nelle sue Comunità non la sublimazione di un sacrificio quanto lo strumento tanginbile per indicare la strada alle nuove generazioni.

Viene da chiedersi, senza troppi anatemi, se un movimento d’opinione può permettersi di mettere alla berlina se stesso, se la comunione di un progetto iniziale può tollerare e per quanto la stregua dei personalismi e l’accanimento terapeutico dei vizi da prima repubblica. Se dietro uno striscione non ci fossero anche le immagini di coloro i quali sono rimasti a casa, per scelta o meno. Se il voto all’eroismo di alcuni non derivi dal muro che si sono costruiti intorno. Se può esistere un movimento senza la sua base, se ciò che da linfa nasca dalla difesa cieca dei propri percorsi, delle proprie storie e figure di riferimento. Quale significato abbiano le parole rispetto, stelle, coraggio, e se mai possano essere interscambiabili con strappo, titoli di giornale, prevaricazione. Se un movimento che intende parlare non al più variegato universo del centrodestra italiano, ma all’Europa, può permettersi di ignorare John Nash e sposare senza indugi, oggi più che mai chiamati ad una nuova solidarietà intergenerazionale, Adam Smith.

http://www.youtube.com/watch?v=xTeQxLfloJ8

martedì 6 marzo 2012

Spin-off: la chiave dell’innovazione.

Avere un’idea non basta. Bisogna saperla gestire, organizzare e razionalizzare tutti i processi che conducono alla concretizzazione di questa idea. Inoltre è necessario che l’idea sia conforme alle esigenze del mercato affinché possa avere successo. Potremmo quindi definire innovativa, l’idea che dà vita ad un nuovo prodotto/servizio o quando questa creerà un nuovo processo di approvvigionamento, di produzione o di commercializzazione o anche nel caso in cui consentirà di ridurre i costi di questi processi. L’innovazione dunque è alla base della crescita e dello sviluppo di un sistema economico.


L’economia italiana, oltre ad essere caratterizzata da una crescita lenta, quasi nulla, presenta scarsi investimenti in ricerca e sviluppo, sia nel settore privato sia in quello pubblico. L’elevata pressione fiscale sulle imprese, la difficoltà di accesso al credito e l’eccesso di burocrazia non fanno altro che ostacolare il processo di nascita di nuove imprese, compromettendo anche la loro sopravvivenza. L’Italia per superare questo periodo di crisi ha bisogno di nuove imprese che possano garantire occupazione e che rendano più competitivo il nostro paese anche in ambito internazionale. L’Italia ha bisogno di innovazione!


Nel corso dell’evento organizzato dalla comunità di Arcadia, “Una generazione che non va in default”, abbiamo ribadito l’importanza di sostenere la nascita di nuove aziende di ricerca e sviluppo che partano dall’università, luogo di cultura e visione del futuro, secondo un processo definito spin-off.

Con il termine spin-off si intende il processo attraverso cui si realizza una separazione di una specifica attività nell’ambito di un’impresa e la formazione di un’altra impresa autonoma avente come business fondamentale l’attività oggetto della separazione. Tali processi possono avere origine anche all’interno delle università. In questo caso si parla di spin-off accademici, costituiti principalmente da professori e ricercatori universitari.

In Italia, infatti, le imprese investono poco in ricerca e sviluppo. L’attività di R&S è realizzata principalmente all’interno delle università, dove i progetti di ricerca realizzati da professori e ricercatori possono dar vita a nuove imprese che fanno di questo progetto il loro business.

A supporto della nostra proposta, come testimonia l’articolo de “ilSole24Ore” in allegato, i tre principali atenei romani sono molto attivi in questo senso e negli ultimi cinque anni hanno creato circa quaranta spin-off operanti in settori differenti. Non mancano però i problemi per queste start-up: tempi lunghissimi per ottenere l'erogazione dei finanziamenti pubblici, gravi difficoltà di accesso al credito, concesso solo sulla base di fatturati e capitale sociale, senza tenere conto del rating tecnologico dei progetti, ovvero del loro potenziale innovativo.

Gli interventi per garantire la crescita della nostra economia dovranno dunque riguardare anche questo fenomeno, il quale più di ogni altro, potrà fornire a questo paese la chiave per l’innovazione.


http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2012-02-28/quaranta-idee-fanno-impresa-184524.shtml?uuid=AaXumIzE



Paolo S.

Marò italiani, scarcerarli sì, liberarli... aspettiamo

Ho aderito anche io all'appello lanciato dal Giornale, diretto da Alessandro Sallusti, per chiedere la scarcerazione dei due marò italiani, accusati di avere ucciso due pescatori indiani nel corso di una missione internazionale contro la pirateria. Ribadisco, la scarcerazione. Cosa ben diversa dalla liberazione. Proprio così, perché tale petizione è partita dopo la notizia che i due militari sono stati tradotti in carcere dall'autorità giudiziaria indiana per la sussistenza di prove incontrovertibili circa la loro colpevlolezza. Entriamo su un campo molto delicato, quello del diritto internazionale, secondo il quale il tribunale competente non sarebbe quello indiano bensì quello italiano, dal momento che il fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali e, di conseguenza, il giudice competente è quello della cui nazionalità è espressione l'imbarcazione su cui navigavano i due presunti rei. Lasciamo per un attimo il campo del diritto internazionale ed entriamo in quello della sovranità nazionale. Un concetto profondo, inviolabile e sacro. Per il rispetto della quale è più che doveroso dare ascolto alle autorità italiane sostenute da una larghissima parte dell'opinione pubblica nostrana: rimettere Massimiliano Latorre e Salvatore Girone al giudizio di una corte italiana significa rispettare la nostra sovranità e il nostro diritto a disporre le regole vigenti nel nostro Paese per i suoi cittadini e a disciplinare tutte le fattispecie in violazione delle nostre norme e di quelle derivanti da altri ordinamenti, come quello internazionale, in cui ci riconosciamo. Ma adesso entriamo in un ultimo campo, quello della verità oggettiva e della giustizia. I due militari, finché non siano accertati i fatti, sono due potenziali rei. Al momento, giustamente, si sta dedicando molto impegno a dirimere la questione delle competenze e mi auguro che alla fine la parola dell'Italia possa prevalere. Ma dopo si aprira un'altra partita, quella della ricerca della verità. E tale ricerca potrebbe anche non sorridere ai marò perché potrebbe portare, in seguito alle dovute indagini, alla loro colpevolezza in uno dei reati più brutti e spiacevoli. Proprio per questo condivido il messaggio che ha lanciato il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che si è opposto all'esposizione dello striscione, troppo indulgente, per ora, nei confronti dei militari. E ciò che vorrei soittolineare è la motivazione addotta dall'amministrazione: "per mancata conoscenza dei fatti e impossibilità di dare giudizi", ha ribadito il capogruppo milanese del Pd Carmela Rozza. Pieno sostegno però, da parte del Comune, "alla rivendicazione che i 2 marò, essendo i fatti avvenuti in acque internazionali, siano giudicati in Italia". Equilibrio, nient'altro che equilibrio, per non incorrere in futuro (speriamo di no, ovviamente) in rimorsi lancinanti di coscienza. Trovo che il messaggio che sta passando, invece, sia tutt'altro che equilibrato, troppo sbilanciato a favore della presunta innocenza dei due, tendente ad annebbiare la sostanziale differenza tra le due sfere, quella delle competenze e quella del diritto. Sono convinto che le istituzioni italiane competenti stiano battendosi per affermare con forza il principio della sovranità nazionale. E se non lo facessero sarebbero responsabili di un gravissimo errore. Ma con la stessa partecipazione che stiamo infondendo in questa battaglia, mi auguro che chiederemo alle nostre istituzioni di spingere affinché sia accertata la verità oggettiva, una volta che, mi auguro il prima possibile, i due marò saranno processati nei nostri confini.