martedì 6 marzo 2012

Marò italiani, scarcerarli sì, liberarli... aspettiamo

Ho aderito anche io all'appello lanciato dal Giornale, diretto da Alessandro Sallusti, per chiedere la scarcerazione dei due marò italiani, accusati di avere ucciso due pescatori indiani nel corso di una missione internazionale contro la pirateria. Ribadisco, la scarcerazione. Cosa ben diversa dalla liberazione. Proprio così, perché tale petizione è partita dopo la notizia che i due militari sono stati tradotti in carcere dall'autorità giudiziaria indiana per la sussistenza di prove incontrovertibili circa la loro colpevlolezza. Entriamo su un campo molto delicato, quello del diritto internazionale, secondo il quale il tribunale competente non sarebbe quello indiano bensì quello italiano, dal momento che il fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali e, di conseguenza, il giudice competente è quello della cui nazionalità è espressione l'imbarcazione su cui navigavano i due presunti rei. Lasciamo per un attimo il campo del diritto internazionale ed entriamo in quello della sovranità nazionale. Un concetto profondo, inviolabile e sacro. Per il rispetto della quale è più che doveroso dare ascolto alle autorità italiane sostenute da una larghissima parte dell'opinione pubblica nostrana: rimettere Massimiliano Latorre e Salvatore Girone al giudizio di una corte italiana significa rispettare la nostra sovranità e il nostro diritto a disporre le regole vigenti nel nostro Paese per i suoi cittadini e a disciplinare tutte le fattispecie in violazione delle nostre norme e di quelle derivanti da altri ordinamenti, come quello internazionale, in cui ci riconosciamo. Ma adesso entriamo in un ultimo campo, quello della verità oggettiva e della giustizia. I due militari, finché non siano accertati i fatti, sono due potenziali rei. Al momento, giustamente, si sta dedicando molto impegno a dirimere la questione delle competenze e mi auguro che alla fine la parola dell'Italia possa prevalere. Ma dopo si aprira un'altra partita, quella della ricerca della verità. E tale ricerca potrebbe anche non sorridere ai marò perché potrebbe portare, in seguito alle dovute indagini, alla loro colpevolezza in uno dei reati più brutti e spiacevoli. Proprio per questo condivido il messaggio che ha lanciato il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che si è opposto all'esposizione dello striscione, troppo indulgente, per ora, nei confronti dei militari. E ciò che vorrei soittolineare è la motivazione addotta dall'amministrazione: "per mancata conoscenza dei fatti e impossibilità di dare giudizi", ha ribadito il capogruppo milanese del Pd Carmela Rozza. Pieno sostegno però, da parte del Comune, "alla rivendicazione che i 2 marò, essendo i fatti avvenuti in acque internazionali, siano giudicati in Italia". Equilibrio, nient'altro che equilibrio, per non incorrere in futuro (speriamo di no, ovviamente) in rimorsi lancinanti di coscienza. Trovo che il messaggio che sta passando, invece, sia tutt'altro che equilibrato, troppo sbilanciato a favore della presunta innocenza dei due, tendente ad annebbiare la sostanziale differenza tra le due sfere, quella delle competenze e quella del diritto. Sono convinto che le istituzioni italiane competenti stiano battendosi per affermare con forza il principio della sovranità nazionale. E se non lo facessero sarebbero responsabili di un gravissimo errore. Ma con la stessa partecipazione che stiamo infondendo in questa battaglia, mi auguro che chiederemo alle nostre istituzioni di spingere affinché sia accertata la verità oggettiva, una volta che, mi auguro il prima possibile, i due marò saranno processati nei nostri confini.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Liberare i prigionieri in India senza farci condizionare.Liberi subito.CESARE LUCCA.