lunedì 30 gennaio 2012

Domhnach na Fola - Domenica di sangue


Il 30 gennaio di quarant'anni fa i soldati inglesi aprirono il fuoco con armi moderne sui manifestanti irlandesi nella città di Derry. Morirono quattordici di questi. Pensare che con la morte di cinque civili nel Massacro di Boston, il 5 marzo del 1770, si aprì la fase che portò l'indipendenza delle colonie americane, fa pensare a quanto grave sia stata l'offesa perpetrata ai danni del popolo irlandese e al suo diritto di autodeterminazione. Ancora oggi la questione irlandese è irrisolta restando una ferita ancora sanguinante nel ventre di questa moderna Europa.

Il cosiddetto "bloody sunday" è stato ricordato con diverse canzoni e da diversi film. La più famosa canzone dedicatale è quella degli U2, scritta dal cantante della band Bono Vox nel 1983, "Sunday Bloody Sunday", ed inserito poi nell'album "War". Ed insieme a loro, altri artisti hanno voluto ricordare quella strage, e più in generale, la questione irlandese, con canzoni. Noi invece pubblichiamo quella meno famosa scritta da John Lennon e Yoko Ono nel 1972 e pubblicata poi nell'album "Some Time in New York City" insieme all'altra canzone "The Luck of the Irish" dedicata all'occupazione inglese in terra d'Irlanda. (Significative perchè scritte da un inglese, come anche "Give Ireland back to the Irish" scritta dall'altro ex Beatles Paul McCartney)

sabato 28 gennaio 2012

Vendita facile per le smart drugs

Il 25 Gennaio, sul "Secolo d'Italia", storico quotidiano di destra, è uscito un articolo di Stefano Bini, un ragazzo che è anche un lettore e collaboratore del nostro blog. L'articolo tratta delle smart drugs, sin troppo facilmente reperibili in tutti gli smart shop d'Italia, benchè spesso non siano legali.
Qui di seguito l'articolo :

VENDITA FACILE PER LE SMART DRUGS
Si trovano negli smart shop di tutta Italia, ma sono molto
dannose
"Le cosiddette smart drugs, o droghe furbe, hanno cominciato la loro diffusione su internet, spacciandosi per profumatori per ambienti, ma contenenti delle vere e proprio sostanze stupefacenti. L’attenzione dei carabinieri non si è fatta attendere così, in grave pregiudizio alla salute pubblica, quelle sostanze sono state bandite. Ma i chimici, si sa, sono più lesti dei legislatori e, cambiando qualche molecola qua e là, e inventando nuovi nomi di fantasia, hanno continuato a produrre questi “profumatori”, rendendoli formalmente legali. Saranno veramente legali queste sostanze vendute, tra l’altro, anche in molti smart shop? Andando in giro per Roma, davanti ad uno smart shop automatico, chiediamo informazioni a due ragazzi, sui vent’anni, che ci illustrano molto dettagliatamente cosa è possibile acquistare dalla macchinetta; sigarette, funghetti, funghi allucinogeni, viagra, “qualcosa per far sballare la mente”. Tra tutti i prodotti, uno ha catturato l’attenzione: l’Hurricane, che si usa come la canna, ed ha il suo stesso effetto. Insomma, rulli e fumi. Lo stesso prodotto, in una macchinetta, lo incontriamo a Cassino, in provincia di Frosinone.

E’ notizia di pochissimi giorni fa che il Dipartimento delle Politiche Antidroga ha riscontrato quattro nuovi casi di intossicazione acuta, e tra le sostanze incriminate si trova proprio l’Hurricane. Ma cos’è questa sostanza? Il Dott. Francesco Parisi, dell’Agenzie Dogane, ce lo spiega. Il prodotto è costituito da due cannabinoidi sintetici gia tabellati con la legislazione vigente, quindi proibiti e illegali, e due cannabinoidi di nuova generazione. L’effetto sulla persona è, ovviamente, quadruplicato. Inoltre, dietro le scatole di Hurricane c’è riportata un’indicazione fuorviante: jwh free. Il jwh è un principio attivo che vietato e bandito, un analgesico chimico facente parte della famiglia dei cannabinoidi, che non dovrebbe far parte delle sostanze che compongono il prodotto. Niente di più falso.

La cosa imbarazzante è che gli esercenti, quindi proprietari della macchinette smart shop, spesso non sono consapevoli di ciò che vendono e, di conseguenza, di cosa potrebbero causare alcuni prodotti nell’organismo di una persona. Alcuni commercianti, al qualche abbiamo chiesto spiegazioni, negano sapendo di negare; in questi casi, c’è da pensare che la continua vendita di prodotti con sostanze stupefacenti in dei semplici smart shop, sia soprattutto retributiva a livello economico, e poco importa se una merce può avere al suo interno droghe o stupefacenti.

Dalle nostre segnalazioni, I Nas di Roma, come quelli di Torino e Catania, effettuano ogni giorno decine di controlli ai vari tabacchi che usano prodotti ambigui, e spesso i risultati sono l’acquisizione di molti sacchi di prodotti illegali, e la messa dei sigilli al negozio incriminato, ponendolo sotto sequestro.

Molto spesso accade di trovare enormi magazzini di rifornimento di queste droge “facili”, che poi si rilevano tutt’altro che leggere. Come ci spiega il Colonnello Antonio Amoroso, Vice Comandante dei Nas, le smart drugs che vengono sequestrate nei vari magazzini, garages e scantinati, oltre ad avere lo stesso effetto della cannabis, sono pericolose poiché spesso arrivano nelle mani delle fasce sociali più vulnerabili, come ad esempio i minori o gli adulti in difficoltà. Per non dare nell’occhio, le droghe vengono in molti casi mascherate da deodoranti.

L’ultima retata in questo campo, ci spiega il Colonnello, ha visto l’arresto di diciannove persone, il sequestro di dodici esercizi commerciali per un valore di un milione e mezzo di euro, e l’oscuramente del principale sito internet, di un’azienda di Torino, dove era possibile acquistare l’Hurricane e altre sostanze affini. Tutte le materie prime provenivano dalla Cina, e venivano poi lavorate e miscelate in laboratori per poi essere vendute negli "smart shop", o commercializzati via internet. La società torinese, è stato accertato, aveva la sede legale fittiziamente ubicata nella Repubblica Ceca. L'operazione, coordinata dalla procura di Catania e denominata "Oro e incenso", è scattata in seguito alle segnalazioni di almeno trenta episodi di grave intossicazione, e oggetto di allerta da parte del Dipartimento delle politiche antidroga e del Ministero della Salute. Da notare un dato allarmante: tra le trenta persone intossicate, e finite in ospedale, per l'utilizzo di queste nuove droghe, il 60% ha dichiarato di non essere consapevole del tipo di sostanza che ha assunto. Questo fa risaltare un altro dato preoccupante, e cioè il fatto che negli ultimi due anni siano state scoperte 146 nuove sostanze stupefacenti che erano del tutto sconosciute.

Nella maggior parte dei casi, la furbizia dei chimici non paga, soprattutto quando c’è la giusta attenzione delle nostre ottime forze dell’ordine, o c’è in gioco la vita delle persone."
Stefano Bini

Fonte : il Secolo d'Italia 25/01/2012

mercoledì 18 gennaio 2012

Jan Palach, eterna gioventù


Accadono cose che restano nel tempo. Situazioni, gesta e persone che sembrano senza tempo, quindi eterne. Una di queste è il suicidio di Jan Palach, giovane studente di Filosofia che, nel tardo pomeriggio del 19 gennaio 1969 a Praga nella famosa piazza di San Venceslao, si cosparge di benzina e si da fuoco. Resterà in fin di vita altri tre giorni prima di “spegnersi” definitivamente. A distanza di più di quarant’anni il suo nome è ricordato, il suo nome lo si ritrova in molte vie e piazze di tutta Europa, perché?. Il suicidio di Jan Palach, avviene durante la Primavera di Praga contro l’Unione Sovietica, quando la città e tutta la Cecoslovacchia chiedevano libertà di pensiero e di parola, chiedevano la democrazia, ma erano da soli, senza nessun paese occidentale a correre in loro soccorso. Così un gruppo di studenti decise di dare un segnale forte, smuovere le coscienze di tutti i cechi e degli europei. Secondo la lettera della “torcia umana”, così come si definì Palach, i volontari dovevano estrarre un numero per decidere chi doveva essere il primo. Toccò a lui, estrasse il numero uno. Così nacque uno dei miti della lotto al comunismo, uno dei miti di sempre della gioventù.

Si è discusso molto sul valore del gesto, c’è chi considera il ragazzo un eroe, chi lo considera un pazzo, chi dice che il gesto ha un grande valore simbolico e morale aldilà dei risultati ottenuti, c’è chi dice che era più onorevole morire contro i carri armati come avevano fatto qualche anno prima gli ungheresi. Una cosa però è certa: la storia di Jan Palach, oggi ha molto da dirci e da ricordarci. Ci dice e ci ricorda che c’è un bene che non si ottiene di diritto alla nascita, che non è sempre lì dove lasciamo il telecomando del televisore, un bene che è costato la vita nel corso degli anni a tantissime persone, la libertà. Ci dice e ci ricorda che bisogna vivere con dei sogni, con dei valori e fare dei sacrifici per questi. Nessuno chiede a nessuno di togliersi la vita, ma almeno che di fronte alle ingiustizie, di fronte a ciò che si ritiene sbagliato si provi rabbia e voglia di agire. Voglia di trovare persone che la pensano allo stesso modo, voglia di far capire a tutti quanto è importante ogni giorno capire ciò che va contro la libertà, contro il nostro futuro. E quanto mai questo oggi è attuale. Soprattutto se pensiamo che Jan Palach era un semplicemente un ragazzo e i ragazzi di oggi hanno almeno il dovere di ricordarlo e di onorarlo.

Gabriele


venerdì 13 gennaio 2012

Lo sbirro, il cantante, gli 007. I misteri della strage di missini

Pochi giorni fa è ricorso il 34° anniversario della strage di Acca Larentia. Come sappiamo, non è stata mai fatta giustizia per i ragazzi caduti. Però la verità, pian piano, comincia ad uscire fuori. In questo bell'articolo scritto da Tommaso Della Longa, e apparso sul quotidiano Libero del 6 Gennaio, alla vigilia dell'anniversario, si parla proprio di alcune tracce che pian piano stanno venendo a galla.

"Sulle tracce della mitraglietta Skorpion

Lo sbirro, il cantante, gli 007
I misteri della strage di missini

Da Jimmy Fontana a un commissario di polizia, alle Br: storia dell'arma che uccise i due ragazzi di destra. E attirato l'attenzione dei servizi segreti

ROMA -Dodici colpi al secondo. Utile negli spazi ristretti, come i vicoli. Grazie al calibro 7,65 browning il rinculo è limitato. Arma versatile, si può portare al fianco come una pistola comune. Ecco in poche parole, la descrizione della "Skorpion Vz61"ovvero la pistola mitragliatrice di fabbricazione cecoslovacca che ha lasciato una lunga scia di sangue nell'Italia degli anni di Piombo: facile da nascondere e micidiale sulle brevi distanze, è stata uno dei simboli delle Brigate Rosse. Proprio seguendo le orme dello scorpione si possono
scoprire importanti novità su quegli anni.
Una di queste è la strage di Acca Larentia. Era il 7 gennaio 1978 quando, alle 18:23, un commando armato assalta la sede locale dell'Msi, facendo fuoco su un gruppo di ragazzi appena usciti dalla sezione. Due giovani di 19 e 18 anni, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, vengono assassinati. Poche ore dopo, durante gli scontri tra forze dell'ordine e militanti di destra, viene ucciso da un capitano dei Carabinieri un terzo giovane, il diciannovenne Stefano Recchioni. A uccidere Bigonzetti e Ciavatta sarà proprio una raffica della famigerata Skorpion, anche se gli investigatori lo capiranno in ritardo di otto anni, grazie a una perizia balistica commissionata dalla Procura di Firenze. L'attentato alla sede missina viene rivendicato dai Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale, una delle tante sigle della sinistra armata. Forse una denominazione usata, all'epoca, per rivendicare le azioni delle squadre armate dei "Comitati comunisti".
Scia di sangue
Lo stesso tipo d'arma è usata solo qualche mese dopo per assassinare il Presidente della Dc, Aldo Moro. Quella che sparò ad Acca Larentia, invece, ucciderà anche il professor Ezio Tarantelli (1985), l'ex sindaco di Firenze Lando Conti (1986) e il senatore democristiano Roberto Ruffilli (1988). Solo dopo quest'ultimo omicidio si ferma la scia di sangue dell'arma che viene ritrovata in un covo delle Brigate Rosse a Milano e ricollegata a tutti gli omicidi precedenti.
A questo punto della storia, compaiono sulla scena alcuni personaggi che farebbero pensare a un thriller pulp all’italiana e che, invece, sono legati a vario titolo a quell'arma pericolosa e letale: un commissario di Polizia, un cantante famoso, un noto brigatista, un'armeria di Roma, uno spacciatore di periferia con ambizioni rivoluzionarie e addiritttira i servizi segreti. Ma andiamo con ordine.
L'eccidio di Acca Larentia nell'ultimo anno è tornato di stretta attualità, grazie a libri, pubblicazioni e incartamenti tirati fuori dagli archivi storici che hanno messo in fila una serie di fatti mai indagati fino in fondo. Nel primo libro dedicato all'argomento ("Acca Larentia, quello che non è stato mai detto", Edizioni Trecento),
Valerio Cutonilli e Luca Valentinotti, teorizzano l'esistenza di un'unica struttura operativa dietro a omicidi e stragi compiuti a Roma contro la destra negli anni '70.
Secondo i due avvocati, dietro a sigle come quella che ha rivendicato la strage dei giovani del Fronte della Gioventù, ci potrebbe essere la prosecuzione militante del livello illegale di Potere Operaio. Una struttura di cerniera finalizzata alla costituzione del partito armato. Tale struttura era particolarmente attiva lungo l'intera
direttrice di Roma Sud, sviluppandosi nell'intera area compresa tra l'Alberone e i Castelli Romani, e rientrava in un preciso disegno egemonico della sinistra antagonista. A essa sono riconducibili numerose sigle che nascono e muoiono nel giro di qualche azione, con l'idea di ampliare la zona grigia di violenza e illegalità. E che nel caso di Acca Larentia potrebbero forse essere risultate utili a portare scompiglio per arrivare all'obiettivo finale, ovvero Aldo Moro.
Dagli archivi online della Commissione parlamentare istituita per far luce sul rapimento e l'omicidio dello statista Dc siamo riusciti a scoprire un carteggio, fatto di richieste e informative, tra la Digos e l'ufficio istruzione del Tribunale di Roma, datato aprile giugno '79, concernente due persone al di sopra di ogni sospetto. Il cantante famoso, Enrico Sbriccoli in arte Jimmy Fontana, e il funzionario di polizia, Antonio Cetroli, responsabile del commissariato Tuscolano, quartiere quest'ultimo dove si trova via Acca Larentia. Così si scopre che la Skorpion dal 1971 era di proprietà di Fontana che sostiene di averla ceduta nel 1977, a pochi mesi dall'attentato, al commissario Cetroli. I due si sarebbero conosciuti nell'armeria Bonvicini dei
quartiere Prati di Roma che è anche frequentata da un «simpatico cliente», a detta dei proprietari, il sig. Marchetti, nome d'arte del noto brigatista Valerio Morucci. Caso vuole che la Skorpion venga ritrovata proprio in un covo delle Br, seppur molti anni dopo.
Versioni diverse
E che Gennaro Maccari, il "quarto" uomo del sequestro Moro, nell'audizione alla Commissione abbia riferito di due diverse Skorpion nelle mani brigatiste. Se in prima battuta, il commissario Cetroli smentisce «con perentoria assolutezza» di aver mai incontrato Fontana in vita sua, in seconda battuta avrebbe ammesso di averlo conosciuto nell'armeria Bonvicini, ma di non aver comprato l'arma. Cetroli, tra l'altro, sarebbe stato già noto agli inquirenti per aver avuto a Roma sud- scambi, acquisti e cessioni di armi con alcune persone, tra cui
tale Giuseppe Nori, «sottoposto a procedimenti penali per fatti di criminalità comune». Cetroli negli anni fa carriera e all'inizio degli anni '90 è un alto funzionario della Questura di Roma. Ma le ombre sulla cessione di quell'arma non sono mai state diradate. Per questo, nel giugno del 2011 il deputato Pdl Francesco Biava presenta un'interrogazione parlamentare, chiedendo di fare chiarezza sulla vicenda. Il parlamentare chiede ai ministri competenti se siano stati mai fatti accertamenti sui conti bancari che risultavano intestati nel '77 a Jimmy Fontana. Quest'ultimo, infatti, aveva dichiarato alla Digos che la Skorpion gli era stata pagata tramite assegno. Dunque, una banale verifica dei movimenti bancari del cantante avrebbe permesso di scoprire se a mentire fosse stato lui o il commissario Cetroli. Finora nessuna risposta.
In compenso però, gli archivi della Commissione Moro sono spariti dal web. Mentre gli archivi informatici scompaiono, nuovi personaggi conquistano la scena. Solo ultimamente, infatti, siamo venuti in possesso di un documento riservato e assolutamente inedito del Sid (Servizio Informazioni Difesa le cui competenze sarebbero state a brevissimo divise tra Sisde e Sismi), con data 27 gennaio 1978, che a distanza di neanche un mese dalla strage di Acca Larentia, fa già un nome per le indagini. Si tratterebbe di un «elemento estremista in cerca di armi e spacciatore di droga».
Una persona che nel gennaio ‘79 era sconosciuta all'opinione pubblica ma che negli anni successivi avrebbe fatto parlare di sé. Costui all'epoca risiedeva a poche centinaia di metri dal commissariato Tuscolano zona Cinecittà dove lavorava Cetroli. Negli anni successivi, l'uomo chiamato in causa dal Sid avrà gli onori delle cronache per essere uno dei fondatori dei gruppo “Guerriglia comunista" e dei "Nuclei antieroina", sigle riconducibili alla già menzionata struttura di cerniera che hanno rivendicato gli omicidi nella zona di Roma sud
di alcuni spacciatori, veri o presunti, nel nome del proletariato. Ma che forse nascondevano anche banali faide interne nel mondo dello spaccio della droga. Dopo essere riparato in Spagna, insieme ad altri fiancheggiatori delle BR, viene arrestato al confine franco spagnolo proprio perché stava tentando di passare con un carico di droga. Nel giugno del '90 la polizia francese lo consegnerà a quella italiana.
Qui si chiude l'ennesima puntata di una storia che sembra non riuscire mai ad arrivare all'epilogo. Il reato di omicidio, come è noto, non cade in prescrizione e forse per questo le ultime notizie su Acca Larentia potrebbero aver generato una certa fibrillazione. Il noto pentito BR Antonio Savasta nel libro intervista di Nicola Rao ("Colpo al cuore", edizioni Sperling & Kupfer) attribuisce l'attentato a un gruppo armato che agiva sotto la direzione delle BR, un’affermazione che perlomeno in parte darebbe ragione alla teoria di Cutonilli e Valentinotti.
Nervosismo
Anche Savasta menziona Cinecittà e allude a un gruppo che avrebbe agito sotto la guida della brigata territoriale di Torre Spaccata. Appena uscito il libro, un altro ex BR, Sandro Padula, si affretta ad accusare sul web Savasta di dire il falso. Paduda, ex brigatista di Torre Spaccata, tiene a ricordare che la sezione missina di via Acca Larentia era ubicata in una zona lontana da Cinecittà e da Torre Spaccata: quella dell'Appio Tuscolano. Se quindi le responsabilità materiali continuano a essere rimpallate lungo la direttrice di Roma sud, la cortina fumogena su esecutori e mandanti diventa sempre più intricata. Ora che abbiamo in mano tutte queste nuove informazioni, abbiamo anche nuove domande. Come mai i servizi segreti militari si interessarono
alla strage di Acca Larentia? Qual è il ruolo dell'ex militante di Guerriglia Comunista? Chi ha mentito tra Fontana e Cetroli? Com'è finita la Skorpion in un covo delle BR? Cosa succedeva in quell'armeria di Prati? L'unica cosa certa è che le orme lasciate dallo scorpione rimangono cruciali e che con il passare del tempo,
paradossalmente, diventano sempre più visibili."
di Tommaso Della Longa

Fonte: Libero 06/01/2012