mercoledì 31 dicembre 2008

Un augurio...

Il 2008 conta ormai le sue ultime ore, voltando pagine belle e brutte, aprendo le porte a nuovi sogni e scongiurando tragedie di borsa.
Anno che ha visto Fidel Castro annunciare il suo ritiro; anno in cui la Cina ha tentato di coprire con il capitale drammi umani, uscendo però nuda dalla mattanza mediatica; anno in cui i Tibetani hanno riscoperto il Tibet; anno in cui l'Italia si è risvegliata bipolare; anno dell'agonia delle sinistre e delle sinistre da reality;  anno di crisi finaziare, di scatoloni, mutui, grafici... ; anno in cui l'America ha creduto in un sogno; anno di un Berlusconi casual, vincente anche senza cravatta.
Sono tante le immagini per descrivere il 2008, ma ce n'è una che porterò sempre nel cuore: il sorriso paffuto, buono e simpatico di Giuseppe. Certe cose non si dimenticano, specialmente quando diventano un simbolo, simbolo che ci ricorda che credere in qualcosa, impegnarsi in qualcosa paga.
Penso di non parlare solamente a nome mio ma a nome di tutti quelli che hanno sacrificato una parte di se per permettere a quel sorriso paffuto di illuminare l'anno della crisi e farlo diventare l'anno della vittoria alla Sapienza.
Vi auguro per l'anno che verrà di provare le stesse soddisfazioni, gli stessi sorrisi che ho provato in quest'anno, vi auguro di trovare la forza per raggiungere ogni risultato e credetemi, se suderete nel raggiungerlo, sarà una soddisfazione ancor più grande.

Ad Maiora

domenica 14 dicembre 2008

mercoledì 3 dicembre 2008

Il domani è già iniziato

Il futuro, per un ragazzo degli anni '80, è qualcosa di molto vicino ad una vitamina. Un antidoto. Il futuro viene spesso richiamato come un'immagine salvifica, ed effettivamente in parte riesce ad alleviare le pene di un presente che non soddisfa mai abbastanza e ad alimentare la speranza di una Italia nuova. Troppi i punti interrogativi, dal precariato/flessibilità alla deriva valoriale, dalla gerontocrazia agli albi professionali.

Il futuro nell'immaginario collettivo fa rima con università. Un passaggio, forse fondamentale, per rispondere completamente alle curiosità di chi si affaccia alla vita adulta, contemporaneamente un ascensore sociale che negli anni, pur perdendo parte della sua forza, mantiene intatto il suo fascino.

Eppure l'egemonia di una parte politica, i privilegi degli ex sessantottini e una politica clientelare, quando non parentale, hanno costituito e tuttora rappresentano un serio pericolo per quella che dovrebbe essere una delle poche garanzie di una nazione. Agli altri, ai non allineati, agli amanti del dubbio, ai figli ribelli rimaneva quella guerra intra mentis che fortifica, matura, ma giorno per giorno isola.

Le elezioni 2008 de La Sapienza si caricano sulle spalle questi significati e aprono le porte alla nascita di un progetto: "il modello Sapienza". La vittoria eclatante di Azione Universitaria è la naturale risposta ad un principio assoluto, che negli anni ha illuminato e guidato i nostri sacrifici. Quante volte ci siamo detti che il lavoro sul campo avrebbe pagato, quante volte le rinunce avevano come naturale obiettivo queste elezioni, quante volte non ci siamo abbandonati ai facili sollazzi? Ad oggi possiamo sostenere senza indugi che la volontà guida le menti, che l'andare da soli, sebbene fosse un rischio, ha reso ancora più dolce il risultato ottenuto.

Negli anni gli universitari hanno annusato i nostri banchetti, li hanno visti, osservati, hanno ascoltato ciò che proponevamo, qualcuno ha sorriso, altri hanno storto il naso: di certo negli anni ci siamo guadagnati il loro rispetto. E se qualcuno, vedendoci nell'atrio della sua facoltà, si è fatto qualche domanda, bhè a quel qualcuno sono state date risposte. Abbiamo fatto comprendere che non siamo la generazione di "Amici", che siamo lungimiranti e crediamo in un Italia diversa, che vogliamo l'Europa dei popoli, che l'università non funziona senza gli studenti, senza didattica o con le aule okkupate. Abbiamo semplicemente spiegato loro che ci stavamo andando a prendere il futuro.

La coerenza non ha mai fatto difetto. I messaggi e i volantini sempre ragionati. I manifesti goliardici. I caffè tanti. Le chiacchiere a zero. E se arrivavano telefonate minatorie: la risposta nasceva dalla sicurezza e dal convincimento di ciò che si andava a fare. Mai un compromesso oltre l'auspicato quieto vivere, mai un compromesso per vincere queste elezioni. Fedeli a quella frase di Indro Montanelli che qualche tempo fa campeggiava su ArcadiaRoma: "L'unico consiglio che mi sento di dare – e che regolarmente do – ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s'ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio".

Abbiamo vinto contro tutto e contro tutti un cda e un senato accademico che fino a qualche tempo fa lasciavano pensare all'impresa. Abbiamo raccolto la fiducia e il gradimento di circa 800 studenti. Altri 250 hanno ritenuto opportuno indicare, così come secondo i regolamenti italiani, esclusivamente il nome. Semplicemente con un ideale a riscaldare il cuore e con un progetto. Rendere La Sapienza un'università migliore.