venerdì 30 maggio 2008

Parla il Preside della Facoltà di Lettere


Tratto dal "Corriere della Sera"


Sapienza, preside minacciato
e sequestrato dai collettivi
L'intervento della polizia. Pescosolido: «Temo per i miei figli»


ROMA — «Ci hanno di fatto sequestrato per almeno venti minuti. Lì fuori erano più di un centinaio, tutti dei Collettivi di sinistra. Non potevamo uscire. Poi hanno cercato di sfondare la porta prendendola a calci. Gridavano: "Dimettiti o ti mandiamo via noi", "Non ti faremo più insegnare", "Non potrai più mettere piede qui"». La voce di Guido Pescosolido, docente di Storia moderna e da sette anni preside della facoltà di Lettere all'università romana de «La Sapienza», non tradisce emozioni: «Sa, in sette anni di presidenza ho fatto il callo un po' a tutto. Ma questo episodio è oggettivamente gravissimo. Non mi è mai capitato di essere assediato in presidenza, con due segretarie e il collega Vittorio Vidotto, e di dover uscire scortato da venti poliziotti in borghese... »

Cosa farà, ora, professore? «La situazione sta diventando insostenibile. Sto valutando il da farsi con la mia famiglia». Ovvero, pensa davvero alle dimissioni? «Non escludo alcuna decisione nei prossimi giorni. Anche perché temo per la libertà di insegnamento e la stessa vita democratica della facoltà. Alcuni colleghi, per esempio Lucetta Scaraffia, mi hanno segnalato casi in cui gruppi dei Comitati hanno tentato di far sospendere le lezioni o di imporre una discussione su fascismo e antifascismo. Se si comincia con questi metodi, mi pare obbligatorio aprire una riflessione approfondita e molto seria su quanto sta accadendo alla facoltà di Lettere».

In sette anni Pescosolido insomma ha «fatto il callo». Ma un sequestro, no: non l'aveva mai visto né vissuto. Così come non gli era mai capitato (il fatto risale a mercoledì mattina, quando era stata organizzata una prima manifestazione anti-Pescosolido davanti alla presidenza della facoltà) di sentirsi toccare la spalla e di ascoltare una voce che gli chiedesse «senti, preside, ma quanti figli hai?». L'atmosfera a Lettere è inscandescente, dopo l'autorizzazione rilasciata il 14 maggio dal preside al convegno sulle foibe: gli scontri di via De Lollis martedì, i tre arresti domiciliari di due giovani di Forza Nuova e di uno studente dei Comitati, le manifestazioni dei Comitati a Lettere prima mercoledì e poi ieri mattina. Chiarisce Pescosolido: «Avevo scritto lunedì al prorettore vicario Luigi Frati.

Vista la situazione e i recenti episodi in città, avevamo deciso la sera stessa di ritirare il permesso». Comunque i Collettivi accusano Pescosolido di aver «sdoganato», dato via libera a Forza Nuova. Il preside assicura: «Nelle forme in cui mi era stata presentata, appariva la sigla Lotta universitaria, non Forza Nuova. E io non autorizzo tutto ma solo le iniziative che possono rientrare nei fini istituzionale della facoltà. E mi chiedo: chi è che decide se si può o non si può tenere un convegno? Io, da preside, devo mettere i paletti. Ma da privato cittadino liberaldemocratico penso sia un errore non ascoltare estremisti di destra, di sinistra, di centro». Tra i relatori appariva però il nome del segretario nazionale di Forza Nuova, Roberto Fiore. «Ho chiesto ad alcuni colleghi se lo conoscessero, la maggior parte non sapeva chi fosse, non è un nome ancora segnato sui libri di storia...».

Torniamo a giovedì, al pianterreno di Lettere. Alle 11 si forma il corteo dei Collettivi. Ma poco prima delle 13 più di un centinaio di manifestanti sale la famosa scalinata di Lettere, imbocca il corridoio di sinistra e si piazza davanti alla porta della presidenza. Lì dentro ci sono Pescosolido, il suo collega Vittorio Vidotto («ero andato a chiedergli come stesse, sotto accusa com'è») e due impiegate. Pescosolido ha in tasca il numero di un telefono cellulare: quello di un poliziotto che, dopo la prima manifestazione di mercoledì e le denunce del professore, aveva assicurato che in caso di pericolo gli agenti sarebbero intervenuti. In realtà gli agenti, tutti in borghese, sono già lì davanti alla facoltà, confusi tra i manifestanti. Passano venti minuti di grida al megafono, di minacce. Poi i calci alla porta.

Racconta Vidotto: «L'atmosfera era dura, tesa. paura? Una certa accelerazione del battito cardiaco c'è stata... se avessero sfondato la porta non so come sarebbe andata a finire». A quel punto Pescosolido chiama il numero di telefono. «Professore, siamo qui fuori. Vuole che chiamiamo rinforzi? ». Pescosolido chiede di non gettare benzina sul fuoco: desidera solo uscire per andare a a prendere la figlia a scuola. Il resto ricorda un blitz. Venti uomini aprono un varco tra i ma-nifestanti, spalancano la porta, conducono via prima le impiegate e Vidotto, infine il preside. Ma non gli fanno affrontare la scalinata dell'ingresso principale. Escono rapidamente dal retro del Museo dei Gessi, evitando il piazzale della Minerva. Ancora Vidotto, autore di molti libri su Roma: «Spero solo che questi episodi non si ripetano, che Pescosolido non diventi il bersaglio di una autentica campagna ostile, che non si assista a una escalation contro i docenti che la pensano diversamente dai Comitati.... Ma cosa sta accadendo in questa città? Vedo molti episodi. Sono davvero coincidenze temporali?» Chissà.

Paolo Conti
30 maggio 2008


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4 commenti:

Anonimo ha detto...

Provo un sincero ribrezzo verso quello che sta succedendo a La Sapienza e sui media nazionali. Per non parlare di come hanno proferito i politici di sinistra. Qualche giorno fa, giustamente, Ale titolava un post "La peggio gioventù siete Voi", inizialmente riferito a Travaglio e Santoro. Allargherei questa affermazione a tutti quelli che in vari modi hanno cercato di cavalcare l'onda anomala del '68: dal "vietato vietare" a rigidi legislatori...
Si sta toccando il fondo. E c'è da preoccuparsi perchè l'argomento è serio.
Se raccogliessi la provocazione dei collettivi, mi farei promotore di un corteo all'interno della città universitaria con uno striscione dal titolo "Studenti per la legalità". Ma alla luce dei servizi comparsi su tv e giornali forse verremmo considerati dei provocatori...
Di certo il nostro silenzio, in qualità di movimento, è assordante.

FDA

M@rco C. ha detto...

Sarebbe utile farsi promotori di un'iniziativa di ampio raggio, che ribadisca la necessità di rendere l'università un effettito luogo di dibattito; animato si, ma mai violento nel suo sviluppo dialettico. Silenzio assordante favorito anche da una sclerosi culturale, che è schiava ancora di vecchie categorie e catalogazioni. Non c'è legalità da difendere quando il concetto stesso di legalità viene stravolto e finisce per coincidere l'arroganza con la quale si difendono le proprie convinzioni, sia per quanto concerne reazioni e controreazioni.
Il fenomeno è da analizzare nella sua complessità, tenendo presente l'attuale deficit di rappresentanza politica che investe determinante frange. Facciamo attenzione, ma non limitiamoci a goderci l'ombra sotto le querce.

alessandro caruso ha detto...

vergognosi i collettivi...mi scappa un post....

Emiliano86 ha detto...

Basta con l'università controllata dai collettivi! dobbiamo ribellarci! Cacciamoli.. Hanno proprio rotto le palle con sta storia dell'antifascismo! non sanno più che inventarsi! Il domani appartiene a noi...