domenica 4 dicembre 2011

Crisi per tutti. God Bless America.


Correva l’anno 2006. Negli Stati Uniti, il paese della libertà, era riconosciuta a chiunque la possibilità di accendere un mutuo. Porte aperte dunque anche a chi era già stato dichiarato insolvente per altri mutui, a coloro i quali fu dichiarato lo stato di bancarotta, a chi non poteva fornire le adeguate garanzie di adempimento e che quindi aveva alta probabilità di non restituire le somme prese in prestito. Money to everybody! Questa particolare categoria di mutui fu definita subprime.

Contemporaneamente, il prezzo degli immobili aumentò, dando vita alla cosiddetta bolla immobiliare. Secondo questo fenomeno, il prezzo degli immobili sale rapidamente per poi ridursi sempre con molta rapidità. I mutui contratti con la formula subprime erano quindi commisurati al valore dell’immobile. Quando però questa bolla, come ogni bolla degna del suo nome, si sgonfiò, i prezzi degli immobili calarono rapidamente, determinando la riduzione del valore degli stessi. Fu l’inizio della fine. Coloro i quali avevano contratto un prestito, si ritrovarono con un mutuo il cui valore eccedeva l’effettivo valore dell’immobile. I soggetti debitori erano dunque incapaci di rimborsare il mutuo contratto e molte banche dovettero così dichiarare la bancarotta. Tra queste, il colosso finanziario Lehman Brothers.

Gli Stati Uniti si trovarono così ad affrontare la più grande crisi finanziaria dopo quella del 1929.


Ma come può una crisi finanziaria attraversare l’oceano?

Il processo di contaminazione dell’Europa iniziò nel 2008. Ciò che permise alla crisi finanziaria di arrivare nel continente europeo fu la cartolarizzazione dei crediti. Attraverso questo processo di cessione dei crediti, il soggetto creditore può cedere il proprio diritto di credito a un altro soggetto (es. altre banche) in cambio di liquidità; quest’ultimo soggetto, a sua volta, emette titoli obbligazionari per pagare le somme al soggetto cedente. Quando però, il debitore diventa insolvente, colui che ha acquistato il diritto di credito non riceverà alcun pagamento e di conseguenza non riuscirà così a rimborsare i sottoscrittori delle obbligazioni. Nel nostro caso, le banche che avevano erogato mutui subprime, cedettero alcuni loro crediti ad altre banche europee; i debitori divennero così responsabili verso queste ultime, ma vista la loro incapacità di rimborsare il debito, anche le banche europee entrarono in crisi, coinvolgendo anche i sottoscrittori dei titoli obbligazionari emessi dalle stesse banche. Ed è così che la crisi assunse carattere mondiale. Qualcuno cantava “God Bless America”…


Quando la crisi iniziò a diffondersi negli Stati Uniti, il tasso di cambio euro/dollaro salì vertiginosamente sfiorando quota 1,6. Il dollaro e l’economia americana si erano notevolmente indebolite. Era necessario quindi per Mister Obama recuperare terreno, fermando questo processo di svalutazione del dollaro nei confronti dell’euro.


La contromossa fu immediata. Iniziò così la speculazione contro l’euro. La Fed iniziò ad emettere moneta per fronteggiare la crisi, mantenendo però i tassi di interesse bassi. Questo aumentò gli investimenti diretti in Europa, dove il tasso di interesse era invece più elevato e gli investimenti avevano un rendimento maggiore. Alcuni titoli europei furono così acquistati a prezzi bassi (a cui si associava però un tasso di interesse elevato) per poi essere rivenduti. Molti paesi europei, tra cui l’Italia, erano però caratterizzati da una situazione economica critica, con debiti pubblici altissimi e PIL che stentavano a crescere. Queste condizioni non fecero altro che acuire gli effetti della crisi. I titoli in euro furono messi in vendita senza trovare compratori. Così, i prezzi di questi titoli scesero, dando vita all’effettiva svalutazione dell’euro.

Il dollaro riacquistò così valore e il rapporto euro/dollaro si riassestò intorno a quota 1,30.

Qualcuno cantava “God Bless America”…


La situazione italiana è a dir poco preoccupante. L’Italia ha un rapporto debito/Pil pari al 119%, un debito pubblico di 1.883 miliardi di euro mentre il Pil cresce dello 0,7%.

Ultimamente sentiamo parlare di spread. Lo spread misura il differenziale tra il rendimento dei titoli di stato italiani e il rendimento di quelli tedeschi. Come parametro di riferimento è preso quello tedesco poiché l’economia tedesca è attualmente la più “sana”. Maggiore è lo spread, maggiore è il rischio che lo Stato sia insolvente e che quindi non riesca a mantenere gli impegni assunti nei confronti dei sottoscrittori dei titoli. Inoltre, maggiore è lo spread, maggiore è il tasso di interesse dei BTP, il quale misura la rischiosità legata ai titoli. Questo continuo aumento del tasso di interesse non fa altro che peggiorare la posizione debitoria futura dello Stato. Una catastrofe.

Particolare attenzione viene riservata anche al mercato azionario italiano; questo, attraverso il suo indice di riferimento (FTSE MIB), misura le transazioni che avvengono in borsa. Più precisamente, quando la borsa “chiude in calo” vuol dire che le azioni delle società quotate, complessivamente perdono valore poiché le aspettative future sono negative ed è necessario ridurre il prezzo di queste per poterle collocare sul mercato.

La borsa dunque misura lo stato di salute dell’economia reale italiana, influenzando anche la variazione dello spread. Ma l’economia italiana, come detto prima, stenta a riprendersi e così lo spread continua a salire e con esso il tasso di interesse dei BTP.


Il 2012 rappresenta per l’Italia un anno cruciale poiché lo Stato dovrà rimborsare titoli per un valore pari a 259 miliardi. Bisognerà individuare delle soluzioni immediate per affrontare questa fase delicata senza però trascurare la crescita futura, bisognerà risanare le casse dello Stato senza trascurare le politiche sociali per il cittadino.

Non sappiamo cosa ci attende, sappiamo che il futuro non sarà facile…e sappiamo fin troppo bene che gli Stati Uniti non sono poi così lontani.


Qualcuno cantava “God Bless America”…



Paolo S.

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