A 151 anni dall’Unità d’Italia, dopo le tante minacce di separazione da parte di fazioni politiche, una divisione della Nazione,di fatto, si sta lentamente compiendo. Ad opera delle Ferrovie dello Stato.
Un taglio che ha dell’assurdo. Trenitalia, società di proprietà al 100% delle Ferrovie dello Stato (quindi, con partecipazione statale attraverso il Ministero dell’Economia e delle Finanze), infatti, pur gestendo cospicui fondi pubblici, presenta bilanci e struttura produttiva da azienda privata. Ma non è questo il problema, figuriamoci. Quanto, il farlo sulle spalle di determinati “settori”, quelli “meno appetibili” dal mercato.
Trenitalia, anzi, Treni-taglia, ha infatti, da un lato migliorato (e di molto) i servizi nei tratti più trafficati, dall’altro ha tagliato selvaggiamente in quelle zone meno trafficate.
A cominciare dal Mezzogiorno, sempre più isolato dai collegamenti. Per continuare con le tratte dei pendolari verso i grandi centri, e le altre zone del Centro e del Nord poco interessanti da un punto di vista di mercato. E per finire con il taglio dei treni notte che collegavano i passeggeri di varie parti d’Italia di notte, in tutta calma. In totale, sono state 21 le tratte soppresse nell’ultimo anno.
Il Sud è il caso più lampante di questi tagli. La Calabria e la Sicilia, nello specifico, i due esempi chiave. Dal Nord verso la Sicilia i treni sono stati soppressi. E per chi volesse scendere da Milano, Torino, Venezia,a Palermo in treno, lo potrebbe fare solo facendo scalo a Roma. I servizi sono peggiorati. Dall’orario (di mezz’ora in più rispetto a 30 anni fa), alla soppressione dei vagoni (da 10 a 8, in media), alla soppressione di intere fasce orarie. Gli abitanti di alcuni capoluoghi siciliani, come Agrigento o Ragusa, addirittura per prendere un qualsiasi treno saranno costretti ad arrivare a Palermo o Siracusa. E verso gli altri capoluoghi non esiste alcun collegamento.
In Calabria, ad esempio, i treni alta velocità che portavano a Reggio Calabria sono stati dimezzati, con orari improbabili e scomodi, senza alternative più economiche. Nella Locride si viaggia su una sola rete, e nemmeno elettrificata. I servizi interni (verso Catanzaro, Sibari e Lamezia) sono insufficienti, e nemmeno Gioia Tauro, il più grande scalo transhipment del Mediterraneo, ha raccordi efficaci con le reti italiane ed europee. Senza contare che la linea ionica, dopo 137 anni, ha chiuso i battenti. E su quella tirrenica si assiste ad una continua erosione che causa rallentamenti e deviazioni delle linee.
In Basilicata, la regione che, a livello di viabilità, è la peggiore d’Italia, gli orari dei treni e la loro qualità hanno subìto rigidi provvedimenti.
In Puglia il Salento è praticamente stato tagliato fuori dai collegamenti col resto d’Italia, e le altre zone non se la passano meglio.
E non si contano le volte in cui, in prossimità delle grandi feste, i costi dei biglietti sono stati alzati, a fronte di un servizio scadente e superficiale, e di un’eliminazione incomprensibile di vagoni. (Es. periodo di Natale 2011, intercity Roma-Napoli-Taranto, solo 4 vagoni, al contrario dei 9 del Natale 2010).
E per quanto riguarda i pendolari, la legge di stabilità ha tagliato qualcosa come 1,7 miliardi di Euro al trasporto regionale. I pendolari che arrivano a Roma, per esempio, si ritrovano spesso con orari impossibili, treni fatiscenti e stracarichi, e ritardi all’ordine del giorno.
E se si pensa che, di contro, per la stazione dell’alta velocità di Tiburtina sono stati spesi 330 milioni di Euro, le tratte da Milano a Roma sono diventate pressoché tutte ad Alta Velocità, con treni nuovissimi e lussuosi, e addirittura Trenitalia ha creato ben 4 classi per i passeggeri, su quei treni che viaggiano dal centro al Nord, c’è da rimanere amareggiati e delusi per la disparità abissale di trattamento.
A maggior ragione se consideriamo che le Ferrovie dello Stato continuano a percepire contributi da Stato e Regioni, con contratti di servizio a questi tracciati, e che sia il Trattato di Roma, sia la legge Italiana sulle concorrenze definiscono “I settori d’interesse economico generale” (i servizi pubblici, tra cui,appunto,i treni). Un vero e proprio taglio in due dell’Italia, che riporta la Nazione agli anni ’50. Noi non ci stiamo. Basta tagli. Basta calpestare la popolazione. Basta farlo con i soldi pubblici.
mercoledì 28 marzo 2012
Treni-taglia in due lo Stivale
lunedì 19 marzo 2012
A titolo comunitario
Per le strade di Roma, e non solo, al fianco di un’idea di Europa che continuiamo a condividere, si aggirava un fantasma che già nella tarda mattinata di martedì ha svelato il suo mantello. E’ uscito fuori dal guscio il Metodo che si differenzia dal Merito per via della forma che porta ad assumere alla realtà.
http://www.youtube.com/watch?v=xTeQxLfloJ8
martedì 6 marzo 2012
Spin-off: la chiave dell’innovazione.
Avere un’idea non basta. Bisogna saperla gestire, organizzare e razionalizzare tutti i processi che conducono alla concretizzazione di questa idea. Inoltre è necessario che l’idea sia conforme alle esigenze del mercato affinché possa avere successo. Potremmo quindi definire innovativa, l’idea che dà vita ad un nuovo prodotto/servizio o quando questa creerà un nuovo processo di approvvigionamento, di produzione o di commercializzazione o anche nel caso in cui consentirà di ridurre i costi di questi processi. L’innovazione dunque è alla base della crescita e dello sviluppo di un sistema economico.
L’economia italiana, oltre ad essere caratterizzata da una crescita lenta, quasi nulla, presenta scarsi investimenti in ricerca e sviluppo, sia nel settore privato sia in quello pubblico. L’elevata pressione fiscale sulle imprese, la difficoltà di accesso al credito e l’eccesso di burocrazia non fanno altro che ostacolare il processo di nascita di nuove imprese, compromettendo anche la loro sopravvivenza. L’Italia per superare questo periodo di crisi ha bisogno di nuove imprese che possano garantire occupazione e che rendano più competitivo il nostro paese anche in ambito internazionale. L’Italia ha bisogno di innovazione!
Nel corso dell’evento organizzato dalla comunità di Arcadia, “Una generazione che non va in default”, abbiamo ribadito l’importanza di sostenere la nascita di nuove aziende di ricerca e sviluppo che partano dall’università, luogo di cultura e visione del futuro, secondo un processo definito spin-off.
Con il termine spin-off si intende il processo attraverso cui si realizza una separazione di una specifica attività nell’ambito di un’impresa e la formazione di un’altra impresa autonoma avente come business fondamentale l’attività oggetto della separazione. Tali processi possono avere origine anche all’interno delle università. In questo caso si parla di spin-off accademici, costituiti principalmente da professori e ricercatori universitari.
In Italia, infatti, le imprese investono poco in ricerca e sviluppo. L’attività di R&S è realizzata principalmente all’interno delle università, dove i progetti di ricerca realizzati da professori e ricercatori possono dar vita a nuove imprese che fanno di questo progetto il loro business.
A supporto della nostra proposta, come testimonia l’articolo de “ilSole24Ore” in allegato, i tre principali atenei romani sono molto attivi in questo senso e negli ultimi cinque anni hanno creato circa quaranta spin-off operanti in settori differenti. Non mancano però i problemi per queste start-up: tempi lunghissimi per ottenere l'erogazione dei finanziamenti pubblici, gravi difficoltà di accesso al credito, concesso solo sulla base di fatturati e capitale sociale, senza tenere conto del rating tecnologico dei progetti, ovvero del loro potenziale innovativo.
Gli interventi per garantire la crescita della nostra economia dovranno dunque riguardare anche questo fenomeno, il quale più di ogni altro, potrà fornire a questo paese la chiave per l’innovazione.
Paolo S.